Le vicende della pieve di S.Pietro

      Dalle prime testimonianze all'età di Alberico I Cybo
      Il crollo, la Fabbrica e la ricostruzione
      La Collegiata del 1701
      La demolizione
      Le suppellettili della chiesa


    Dalle prime testimonianze all'età di Alberico I Cybo

       

      Abbiamo visto come scarse siano le documentazioni sul periodo iniziale della chiesa (cfr. Cap.1): la prima testimonianza che c'informa della sua esistenza è soltanto l'accenno ad una "Terra Sancti Petri", contenuta in una pergamena del 26 Gennaio 986. Con essa il vescovo Teudigrimo allivella un fondo detto "Vinea regi" con il quale il terreno della pieve confina. Dobbiamo immaginare pertanto un ambiente piuttosto bucolico dove la chiesa sorgeva in mezzo a campi coltivati. Il primo documento vero e proprio è però rappresentato dalla Bolla del Papa Eugenio III, dell'11 novembre 1149, che la comprende all'interno di un elenco delle diocesi lunensi denominandola "Plebs de Massa", così come fa più tardi Innocenzo III nella sua bolla del 7 marzo 1203. La dedica a S.Pietro della pieve si ricava però ufficialmente dalla bolla "Ex conmissio nobis" di Anastasio IV del 18 marzo 1154, che, confermando la sua protezione al vescovo di Luni Gottifredo, chiama la pieve di Bagnara con l'appellativo "Ecclesia Sancti Petri de Massa"

      Lo storico G. A. Matteoni nella sua importante "Guida alle chiese di Massa Lunense" della fine del secolo scorso, forse riprendendo Odoardo Rocca, accenna al "tempio di S.Pietro edificato sull'antica Pieve di S.Maria in Bagnara" e suppone, non esistendo alcun documento che comprovi l'edificazione di una chiesa sopra l'altra, che originariamente la pieve (in ogni modo situata nel borgo di Bagnara) abbia cambiato titolo successivamente in S.Pietro; oppure esisteva un'altra chiesa più distante che ha soppiantato l'altra. Matteoni cita la bolla del 1149, ma lo Sforza nota giustamente che dell'appellativo "S.Maria", nella bolla non c'è traccia. Gli studiosi attuali propendono però verso l'ipotesi di un errore di lettura o interpretazione dei documenti, confondendo la chiesa con l'opera di S.Maria.

      L'area tra Carrara e Montignoso comprendeva, come già è stato detto, un'eccezionale concentrazione di Pievi, dovuta alla presenza di un'importante arteria stradale - la Francigena - e all'organizzazione particellare del territorio voluta dai Romani a seguito della lunga resistenza dei Liguri Apuani. Così il Colle: "Per quanto attiene all'insediamento religioso," esso "si attua nel territorio per mezzo della formazione di tre Pievi ben distinte territorialmente e con le loro sedi attigue, ma non comprese nei centri abitati. San Lorenzo di Monte Libero sulle colline del Candia, è forse la più antica chiesa plebana della piana del Frigido, ed è forse per questo che il territorio della sua giurisdizione è esiguo. San Vitale, sita presso l'attuale insediamento di Mirteto, con giurisdizione su tutta l'area compresa tra la riva destra del fiume Frigido, il territorio di San Lorenzo e l'attuale confine col Comune di Carrara. La terza, la Pieve di San Pietro, comprende tutta la parte sinistra del Frigido fino al Canal Magro dove incontra la Pieve di Montignoso. L'insediarsi di queste "plebes" su terrazze naturali è la diretta conseguenza dello spopolamento della pianura determinata sia dalle variazioni dell'assetto idrico sia dalle ripetute incursioni saracene, che la rendevano malsana ed insicura. Per ciò che riguarda l’insediamento del piano, non si hanno notizie precise riguardo alla loro fondazione; si può supporre che subissero quelle mutazioni dovute agli eventi storici originati dalla definitiva caduta di Luni." Esiste una tradizione che vuole la pieve e i territori di Massa legati allo spopolamento di Luni; di questa fa parte la leggenda di un Crocifisso ligneo che lo ritiene "trasportato dalla città di Luni in Sarzana quando si abbandonò affatto quella città: di dove ancora dicesi che gli uomini di Massa presero un altro Crocifisso di rilievo e lo riposero nella loro parrocchiale di S.Pietro" . In effetti nella chiesa era conservato un "Crocifisso, sul quale esiste una leggenda simile a quella dell'arrivo dei Volto Santo a Lucca: sarebbe stato trovato in riva al mare vicino Luni e posto su un carro a buoi, i quali si sarebbero diretti spontaneamente a Massa". Il manufatto, scampato alla demolizione napoleonica e venerato come "SS.Crocifisso", è tuttora conservato nella cattedrale di Massa.

      Si deve però attendere la prima metà del XVI secolo per avere notizie più precise sulla chiesa. Come già detto, essa era situata nel borgo di Bagnara a breve distanza dal Mercatale, aveva il cimitero a fianco ed era circondata da case di sua proprietà . Dalle cronache del Farsetti si legge che "Il Borgo di Bagnaja crebbe tanto che vi si contavano nel 1500 tredici strade: … e la piazza di S.Pietro [era] larga 100 ..lunga 150 braccia"; Sebbene tali misure appaiono notevolmente approssimate, l'autore intende descrivere la piazza grossomodo ad un rettangolo uno dei cui lati è due terzi dell'altro. La piazza odierna, se si esclude il lato fortemente inclinato del Palazzo Ducale, è avvicinabile ad un quadrato, da ciò si può desumere che già la chiesa di allora occupava abbondantemente un terzo della piazza attuale. Dai "Ricordi" dei cronisti Gaspero Venturini e Tommaso Anniboni d'Aiola, si apprende che nel 1530 crolla il soffitto centrale; a partire da questa data vengono avviati lavori di restauro e d'ampliamento poiché la chiesa era assai malmessa: nel 1539 fu completata la volta del coro; nel 1541 fu dipinta la volta della cappella del Volto di Cristo; nel 1542 furono fatte le panche del coro; nel 1550 fu costruito l'organo dal Maestro Nicolao Fornaio da Lucca e il Maestro Antonio da Terrinca vi fece il palco; questi furono inaugurati il primo novembre dello stesso anno nella Messa Solenne. Dopo alcuni anni, il primo febbraio del 1568, si ruppe la pesante campana maggiore di 1381 libbre, e il 22 maggio 1568, il Maestro Luca da Cortona ne fuse una in sostituzione da 1368 libbre, inaugurata alla vigilia dell'Ascensione (26 maggio). Nel 1572 se ne fusero altre due per mano del Maestro Vincenzo Possenti di Pisa, una il 5 agosto da 1060 libbre e l'altra l'8 agosto più piccola; su una di queste era raffigurata in bassorilievo la B.Vergine assieme agli stemmi dei Cybo, dei Malaspina e dei Medici con l'iscrizione "Albericus Cybo Malaspina S.R.I. Princeps Massae Primus". Di seguito, sotto la direzione del Maestro Giovanni di Cilema dal Ponte, si diede mano al campanile che subì un restauro quasi decennale: iniziò il 18 maggio 1571 e si protrasse fino al 2 luglio 1580. A questo proposito, è interessante fare un’ipotesi sulle vicende di questo corpo di fabbrica: la lunghezza dei lavori (9 anni) e la veduta che il Lattanzi pone "dopo il 1580"  che mostra un campanile diverso dalle altre vedute posteriori e centrale rispetto al fianco sinistro della chiesa, farebbe pensare che la torre sia stata spostata e non semplicemente restaurato; le campane finirono di fonderle proprio nel 1571, forse il vecchio campanile era troppo pericolante per reggerle e i costruttori si resero conto che era meglio costruirne un altro più sicuro e, già che c’erano, vicino alla facciata. Non a caso è da segnalare la presenza di una porta nella suddetta veduta a destra del campanile, cosa che si può relazionare alla documentazione che ricorda la tamponatura di una porta e l’apertura di un’altra inaugurata nel 1574 (che suggerirebbe l’anno nel quale fu terminata la demolizione del campanile). Nell'aprile del 1577 fu iniziato l'orologio che venne posto sul campanile e inaugurato il 6 luglio. Era un'opera del Maestro Vincenzo Cocco da Cremona che fu inviata dal figlio del Principe Alberico, il Marchese di Carrara Alderano.

      Negli Statuta Massae di Alberico I, si legge la prescrizione dell'osservanza della celebrazione a S.Pietro (che era stato eletto a Patrono della città) il "dies vigiliae S.Petri nostri Advocati", vale a dire il 28 giugno di ogni anno; notiamo inoltre che l'immagine del Titolare della chiesa appare nelle monete coniate dal duca, "Questi risarcimenti e ingrandimenti e addobbi, per piccoli che fossero, mostravano però che di quella Chiesa se ne voleva fare il tempio maggiore di Massa, ed elevarla a qualche cosa di più che semplice pievania. Ciò si vedeva anche prima della morte di Alberico I; poiché questa chiesa veniva già al suo tempo considerata come la principale, che presto o tardi sarebbe venuta sede di una Collegiata, ed anche di un vescovado della Città."

      Le cronache continuano la descrizione del fervore lavorativo di quegli anni ricordando che Alberico I fece spianare la piazza intorno alla chiesa impiegando tutte le vicinanze; il lavoro fu svolto in due tempi, dal 1563 al 1574 e quindi fu aperta una porta sul fianco sinistro della chiesa che dava "sulla metà della piazza". Essa, inaugurata l'8 febbraio 1574, fu messa al posto dell'altare della Vergine Maria; questo fu spostato sul luogo dove esisteva un'altra porta, che fu murata. Intanto nel 1563 "si fece la gionta del Palazzo di Bagnara" e in agosto "si spianò la piazza", eliminando quindi il cimitero esistente. Nel 1575 fu iniziato il restauro della Canonica, mentre il primo novembre del 1598 fu spostato il SS.Crocifisso dal suo sito vicino alla "porta piccola" alla nuova posizione di fronte all'altare del SS.Sacramento, operazione resa possibile grazie anche al contributo di 30 scudi d'oro da parte di un frate cappuccino, ottenuti in elemosina dalla sua predicazione del quaresimale.

      Di questo periodo sono molto utili le relazioni delle Visite Pastorali che i vari prelati facevano alle chiese delle diocesi, sorta di ispezione di controllo dell'epoca. A questo riguardo è opportuno citare la spiegazione del Bonacoscia: "La Visita Pastorale è la conoscenza diretta, che mediante ispezione, il pastore prende delle condizioni del territorio a lui affidato per rilevarne i bisogni e provvedervi con zelo e carità. Il Concilio di Trento estese la sua riforma anche in questo campo, rendendo obbligatorio adempiere annualmente un così grave dovere.

      Dal primo sinodo del Salvago si riportano alcune disposizioni. I visitatori hanno facoltà di riformare, correggere, punire, sono tenuti a scrivere quanto riscontrato, si preoccupino della pulizia, decoro, dignità della chiesa di Dio. Estirpino la superstizione, eliminino i vizi, estinguano le inimicizie, curino che si faccia la dottrina cristiana.

      Al di là delle disposizioni sinodali le visite costituiscono una fonte importantissima di informazioni storiche e sociali. Nella relazione deve essere descritta la struttura della chiesa, l'altare, il battistero, i mobili, i paramenti, gli oggetti sacri, i redditi, le funzioni, il rettore della chiesa e il costume dei fedeli.

      Durante il periodo di Alberico furono compiute sei visite pastorali e una visita apostolica: Lomellini (1568), Bracelli (1572), Peruzzi (apostolica - 1584), Salvago (quattro dal 1590 al 1628)."

      Dalla relazione del 1568 della visita del Card. Benedetto Lomellini e del 1584 ad opera del 1584 del Visitatore Apostolico Angelo Peruzzi, possiamo essere informati che la chiesa era a tre navate, ben pavimentata e che aveva dieci altari, tutti adorni di statue o quadri giudicati degni di nota. Questi erano: l'Altare Maggiore, dello Spirito Santo, dell'Annunciazione (patronato della Confraternita di S.Sebastiano; probabilmente è l'altare spostato della Vergine Maria di cui sopra si è accennato), del Corpus Domini (beneficio della Casa Cybo), di S.Rocco, del SS. Crocifisso (probabilmente nella cappella del Volto di Cristo), di S.Giuliano (di giuspatronato laicale), di S.Marco (giuspatronato di Casa Manetti), di S.Antonio, e del SS. Sacramento (in una cappella separata). "Ecco adunque che prima di morire, Alberico I. aveva già preparato tutto il materiale ad una nuova Collegiata, e disposta l'opinione del pubblico in favore di essa."

      Le descrizioni mostrano dunque una chiesa degna di un Principato, il cui sovrano desiderò di sostituirle il semplice titolo di Pieve con quello più ambizioso di Duomo. Alberico I cercò infatti, fin dall'inizio del suo governo, di fare elevare dal Papa Massa a diocesi con S.Pietro come Cattedrale, ma le resistenze del Vaticano vanificarono ogni tentativo del Principe, anche se, dopo aver compreso l'impossibilità di realizzare il suo intento, si sarebbe accontentato dell'erezione a Collegiata. Prima della fine del secolo stava quasi per riuscirci: Papa Gregorio XIV aveva già pubblicato la Bolla di erezione della Collegiata, ma essa non fu eseguita perché venne a morire.

      Tale titolo venne comunque ottenuto sotto il successore Carlo I (1623 - 1662), con la Bolla "Sacri Apostolatus Ministerio" del 19 maggio 1629 (eseguita il 25 marzo 1632) del Papa Urbano VIII, che mise a capo della chiesa un Abate Mitrato.
       
       
       

    Il crollo, la Fabbrica e la ricostruzione
       

      Il Principato di Massa, che verrà elevato a Ducato nel 1664, cominciava in questi anni la sua pur modesta ma rispettabile affermazione e Carlo I desiderò portare ampliamenti al palazzo Ducale. La storiografia locale pone a quest'epoca (1632) il collegamento tramite una passerella, del Palazzo con la Chiesa di San Pietro, perché il Rocca avvicina i lavori del Palazzo alla fondazione della Collegiata; secondo il Bertozzi però in questo momento Il Palazzo Ducale comprende una porzione di fabbricato sulla piazza che corrisponde forse alle prime nove finestre, più un altro blocco aggiunto da poco che costituirebbe l'attuale Salone degli Svizzeri. Il resto, verso il mare, è un giardino e non può accogliere il passaggio rappresentato in questo punto dalla cartografia posteriore. Si può formulare però un'ipotesi, avvalorata dal recente ritrovamento di una cornice di portale tra l'11° e la 12° finestra del Piano Nobile, perfettamente allineata col fianco sinistro della chiesa raffigurata nella pianta ottocentesca di C.G.Marchelli: potrebbe esserci stato in un primo momento un collegamento chiesa-Palazzo, magari provvisorio, che poi è stato demolito per sostituirlo con l'altro.

      Il nuovo Duca fece sì che la chiesa di S. Pietro, ora Collegiata e dunque investita di una nuova dignità, anche per ciò che riguardava le rendite e le cariche, beneficiasse di nuovi restauri e rifacimenti. E infatti, come ricorda Odoardo Rocca, Carlo I pensò "a ridurre in miglior forma la chiesa di S.Pietro, onde l'ingrandì e l'alzò molto, e la fece con tre navi, una maggiore e due minori; vi volle dodici altari di marmo, tutti uniformi; procurò di mettervi altro organo, a spese però della chiesa, e diede l'incarico ai PP.Agostiniani; oltre gli altri ornamenti, che procurò vi ci facessero". I Padri Agostiniani, che ricevettero il vecchio organo furono quelli dell'attuale Chiesa della Madonna del Monte. Sempre il Rocca racconta che nel 1635 "la Compagnia di S.Sebastiano, sotto gli auspici del suo Priore, l'Ill.mo Sig. D.Ferdinando Cybo, fece un sontuosissimo apparato per le 40 Hore. Fu in quell'occasione che detto Signore, avendo nell'idea di formare uno specioso tabernacolo al SS.Sacramento volle farne vedere il disegno in carte reali, con gran maraviglia, e lo dimostrava chiaramente nel ciborio, quasi terminato, colle due statue di S.Pietro e di S.Paolo; le quali macchine dovevano stare dentro alle sue nicchie, col stendere dalle parti laterali due portici con balaustri intrezati di vari marmi, come si vede detto ciborio"; ma il 28 febbraio di quell'anno Ferdinando, fratello del duca, morì e "fu sepolto in coro presso il ciborio suntuoso da lui fatto edificare con gran spesa"; per cui il Ciborio, pur di grandi dimensioni, non risultò completamente secondo il progetto originale. L'opera viene attribuita con molta probabilità a Francesco Bergamini che lo scolpisce ai primi del '600.

      E' difficile comprendere il motivo per il quale la storiografia locale vuole che la facciata originariamente sia stata rivolta a Sud-Est verso il Palazzo e in seguito, proprio durante questo restauro, prosposta sul lato opposto verso S.Sebastiano. A parte l'assoluta mancanza di documenti che provino questo, la veduta del XVII secolo  fatta valere come prova indica con tutta evidenza un abside quello che invece viene preteso come ingresso. Identicamente raffigurato appare infatti quello della vicina chiesa di S.Francesco che è circolare, e si può supporre, dunque, che inizialmente quello di S.Pietro avesse la stessa forma. Il maggiore rialzamento della parte rivolta verso S.Sebastiano e il fatto che nel luogo antistante la supposta facciata ci fosse un giardino, non sembrano elementi sufficienti per comprovare un orientamento a Nord-Ovest che, secondo la tradizione costruttiva delle antiche pievi, contrasterebbe con la consuetudine del tempo di porre l'abside ad oriente, verso la Terrasanta.

      Ma i lavori, occorsi alla chiesa forse non furono troppo salutari. Anche se forse vennero fatti parallelamente dei restauri, gli "ingrandimenti" voluti dal duca insistevano inevitabilmente su un impianto medioevale, le cui fondazioni erano situate da sempre sul terreno di un borgo che dopotutto veniva chiamato "Bagnara", anche per la presenza del canale di Volpigliano che passava poco distante. Ecco che, così appesantita, alla fine del 1672, cioè 40 anni dopo l'erezione della Collegiata, la chiesa crolla quasi completamente. Così ricostruisce il Rocca: "Li 8 dicembre, alle ore 3 in circa, per nostra ultima ruina, cadè la chiesa insigne collegiata di S. Pietro, ed essendo a carico della comunità di Massa la restaurazione ovvero la riedificazione, perciò si convocò il pubblico nella chiesa delle Stimmate, e prudentemente decretò, per atti del suo cancelliere Gio. Girolamo Capassini, che si rifabbricasse nello stesso sito dove era, rimettendosi poi per gli ornamenti alla disposizione del Signor Duca". Alberico II, figlio e successore di Carlo I, aveva però altre idee sulla sistemazione della piazza: il Palazzo Ducale era ormai giunto, nel suo ampliamento, a toccare l'attuale Via Alberica e il duca era probabilmente intenzionato a dedicare la piazza all'intera nuova facciata; pertanto, ignorando la decisione presa nell'allora chiesa delle Stimmate (ora integrata, come cappella, nella Cattedrale), decretò che la Collegiata fosse ricostruita in altro luogo, e fece preparare un progetto molto ambizioso che fu affidato all'architetto Giovanni Francesco Bergamini.

      Il Duca cercò di scaricare le spese al Comune, facendolo passare come committente del progetto, ma siccome esso rifiutò di partecipare all'onere, egli tentò prima la via della donazione spontanea, poi con pesanti tasse: "pose egli alcuni denari scoperti nel bacile preparato a tale effetto, sperando con tale esempio trovar altri che facessero il simile; ma indovinandosi da molti ciò che sarebbe successo, cioè che se gli sarebbe ripigliati, quelli si astennero da tal elemosina, Dopo tentò con varie lusinghe il signor Lodovico Farsetti, persona la più facoltosa di Massa e molto inclinata ad opere pie ed in ispecie a spendere per detta chiesa, ciò non ostante non ne volse saper altro. Furono ancora ricercati gli ecclesiastici […], canonici e beneficiati, ma questi protestarono che siccome non avevano avuto parte alcuna nel formidabile disegno, .. così non si sentivano disposti a gettare il suo. Ciò irritò S.A. e comandò che si alzassero le colte in modo tale che quelli che pagavano soldi 14 gli furono cresciute fino a lire 2,4 e 2,6. […] Laonde si pignoreggiavano li poveri contadini, e se non avevano pegni si facevano mettere in prigione, sotto il pretesto che si fabbricava il tempio a S. Pietro, padrone della Comunità. […] Alla fabbrica della nuova chiesa di S. Pietro erano obbligati li contadini che possedevano bestie da soma a portare ogni settimana una carra e mezzo sassi, e di più ogni avvento e quaresima li PP. Predicatori, terminata l'ultima predica, andavano in persona a portar sassi per commovere il popolo a farli compagnia, e dopo posati i sassi nella detta fabbrica vi davano la benedizione e non prima". I lavori per la nuova "Fabbrica" iniziarono Il 15 agosto 1673. Il Vescovo in persona venne a Massa per "prender esatta cognizione della cosa", l'anno prima infatti iniziò le trattative per scegliere le case da abbattere individuando l'area prescelta, situata più verso mare rispetto a quella originale, praticamente a ridosso delle mura della città, in modo che l'abside poggiasse sui bastioni e con la facciata che avrebbe dovuto dare sulla piazza, rimanendo pressappoco sul filo dell'odierna Via Alberica. Da un rilievo eseguito da Carlo Giosuè Marchelli dopo il 1771 e da un disegno del 1830 fatto da Isidoro Raffo , si vede che l'edificio, compiuto "fino all'ordine dorico"(Marchelli) aveva tre navate divise da pilastri, un transetto con alcune cappelle "già coperte da volta" e un abside rettangolare molto allungato.  I lavori si protrassero fino alla morte del Duca, che avvenne nel 1690. Nel frattempo nel 1683, per festeggiare la liberazione di Vienna dall'assedio dei Turchi era stata di nuovo officiata la messa nella vecchia chiesa diroccata; in quell'occasione il Duca Alberico II aveva ottenuto il permesso dal Vescovo di Luni-Sarzana di riattivare l'Altare Maggiore che sembra perciò non essere stato danneggiato dal crollo (della vecchia chiesa rimasero, inoltre, due altari: quello del Corpus Domini e quello di S. Giuliano), mentre la navata centrale, il coro e il presbiterio erano stati coperti e sistemati alla meglio con delle tende Durante il periodo tra il crollo della chiesa e la sua ricostruzione, il Capitolo officiò nel vicino Oratorio di S. Sebastiano. Si può comunque supporre che tra i ruderi fosse ancora celebrata la messa, perché i massesi non accettarono di buon grado lo spostamento di quella che era ancora la "loro" chiesa: vi avevano partecipato alle ristrutturazioni, vi erano stati battezzati e sposati e vi erano sepolti i loro morti. Se, nonostante l'agibilità della vicina chiesa di S.Sebastiano e di S.Francesco, Alberico cedette, può voler dire che la pressione del popolo era abbastanza forte; inoltre la chiesa, pur diroccata, non lo era così tanto da rendere impossibile una celebrazione. Si può immaginare che erano rimasti in piedi l'abside (che riparava il ciborio) e forse parte dei muri perimetrali.

      Il successore Carlo II (1690-1710) non appena salito al trono, fu convinto dal Comune a sospendere la costruzione della nuova chiesa, anche perché si scoprì che le fondamenta del lato nord (più verso "Bagnara") erano instabili. Decise pertanto di ricostruire la chiesa nello stesso luogo in cui si trovava prima del crollo, restaurando completamente quella vecchia. Dopo l'annuncio al popolo massese nel 1697, il 9 aprile dell'anno dopo "si cominciarono a preparare i materiali per la costruzione, e in particolare la Confraternita di S. Rocco portò processionalmente alla fabbrica sassi, sabbia, funi e legname; architetto e direttore fu nominato Alessandro Bergamini; capomastro doveva essere un certo Grisone ma, siccome non si decideva mai a partire da Pontremoli dove risiedeva, fu chiamato Francesco Baschettí, capomastro della Fabbrica di S. Pietro a Roma, che venne con suo cognato Andrea, con suo figlio e con un altro giovane. I lavori iniziarono il 3 giugno; sovrintendente generale era il Dott. Camillo Toretti ma, a causa dell'età, furono organizzati vari turni di assistenza: il Duca volle fare il primo turno, poi lo fece il Principe di Carrara Alberico (il futuro Duca Alberico III), poi il Principe Alessandro, quindi il Capitolo, gli ecclesiastici, i Ministri, i gentiluomini."

      Merita spendere due parole sulla figura dell’architetto Alessandro Bergamini. Questi era figlio di Giovanni Francesco, discendente di una famiglia di artisti originari del Nord Italia (il cui capostipite, Francesco Bergamino da Bergamo, si stabilì a Carrara dopo il 1589) e autore, come abbiamo visto, dell’altare maggiore; gli studiosi Lallai e Lattanzi lo ascrivono inoltre a progettista della prima idea di ricostruzione di S.Pietro. Alessandro nasce il 9 gennaio 1644 a Carrara e vi muore il 2 giugno del 1729. Nel 1683 sposa la ricca commerciante locale Angela del Medico da cui ha sette figli; collaboratore del padre, ne eredita, nel 1678, la carica di architetto di corte che lo porta ad essere il protagonista di numerosi importanti interventi nel Massese e nel Carrarese. Esempi sono la terminazione della cappella dei principi in S.Francesco di Massa, la realizzazione dell’Arco del Salvatore e le opere al Palazzo Ducale della stessa città: il ninfeo, l’alcova, la fontana del cortile e le facciate. Abbiamo già ricordato in precedenza le ville ducali di Volpigliano e dei Quercioli, sempre in territorio massese; a Carrara realizza invece la decorazione marmorea interna (compreso l’altare maggiore) della chiesa della Madonna delle Grazie e progetta il Palazzo Del Medico. Le uniche opere rilevanti conosciute fuori dell’area apuana sono l’altar maggiore nella certosa di Calci presso Pisa (già iniziato dal Padre) e l’altar maggiore della chiesa di Santa Maria degli Angeli a Pistoia.

      I lavori della nuova San Pietro beneficiarono di molti contributi in danaro e manodopera perfino dal comune di Montignoso, che all'epoca era fuori del territorio del Ducato. Lo zio del Duca, il cardinale Alderano, era uno dei più importanti sostenitori del progetto. Da Roma, dove ricopriva la carica di Primo segretario di Stato del Papa, mandava solleciti e contributi cospicui, arrivando addirittura all'ipotesi di finire l'opera a sue spese, ma non solo: quando venne a morire (22 luglio 1700), nel testamento raccomandò al nipote di finire ad ogni costo la chiesa, anche se dovesse vendere l'argenteria che gli lasciava. I lavori, per la verità furono alacri, anche se ci fu qualche contrasto, come l'episodio del 1699 nel quale l'architetto Bergamini litigò con ì Canonici perché voleva spostare un po' più indietro l'Altare Maggiore; oppure quello in cui il sovrintendente Toretti non volle togliere i sedili del coro prima di diroccare l'incorniciatura, con la conseguenza che furono tutti rovinati..

      La data del 3 novembre 1701 segna finalmente la conclusione dei lavori e il giorno seguente avvenne l'inaugurazione, che cadde nell’onomastico del Duca, Essa ripristinò la sua attività di Collegiata e più tardi fu consacrata (19 giugno 1735) dal Vescovo Giovanni Girolamo Della Torre.
       
       
       

    La Collegiata del 1701
       

      Alla metà del XVIII secolo il Canonico della Collegiata insigne di S.Pietro, Odoardo Rocca, ci fornisce la seguente descrizione della chiesa: "questa chiesa […] è ripartita in tre navi, cioè la maggiore e due minori, l'arcate delle quali sono sostenute da due gran colonne di marmo bianco posate su piedistalli e che hanno sopra bellissimi capitelli intagliati, ed il tutto di marmo; siccome ancora, nelle mura laterali delle dette navi minori, dirimpetto alle colonne vi sono altrettanti pilastri corrispondenti alle medesime. Nell'altare maggiore, in mezzo alle due statue di marmo rappresentanti li SS. Apostoli Pietro e Paolo, s'innalza un eccelso e maestoso tabernacolo di marmi preziosi ed oltramontani […]. Inoltre vi si vedono due gran tavole di marmo bianchissimo e di lavoro inistimabile e servono per icone delli due altari, scolpite dal famoso scultore Andrea Lazzoni di Carrara; una rappresenta il Calvario dove deve essere posto il SS. Crocifisso, che ora si venera in altra cappella di detta chiesa, ed in questa sono bellissimi rilievi della B.Vergine, di S.Giovanni Evangelista, di S.Maria Maddalena e molti angeli, de' quali alcuni al naturale; l'altra contiene la SS. Vergine del Rosario, S.Domenico ed alcuni angeli. Questa è di scultura più rilevata ed è una tavola sola senza giunta. […] Inoltre vi sono altri nove altari, tutti di marmo e tra loro simili, che rendono un bell'accompagnamento a detta chiesa; ed a questi sono eretti canonicati, benefizi e molte cappellanie laicali, onde è benissimo officiata".

      Dai disegni citati del Raffo, in particolare quelli importantissimi che raffigurano la pianta e un prospetto laterale. e  e quelli di Marchelli, nonché da un altro disegno eseguito dopo la demolizione , risulta che la facciata era di fronte ad un ingresso laterale dell'oratorio di S. Sebastiano e aveva tre porte, con sopra alcune scritte riferite a Carlo che si ritrovano anche sopra varie porte della Chiesa di S. Francesco e del Palazzo Ducale; sopra la porta di destra c'era la scritta "Reaedificavit Carolus II Massae Dux II" su quella di sinistra sì leggeva "Anno Jubilei MDCC", e in alto sopra quella centrale c'era lo stemma della Famiglía Cybo-Malaspina. In facciata c'era una finestra e, sulla sommità, la Croce. Sul lato della piazza, nell'angolo, s’innalzava il campanile con l'orologio, posto più in basso della cella campanaria. Dietro il campanile correva un portico che nella pianta del Raffo appare di cinque campate, mentre negli altri disegni (uno nello stesso manoscritto di Raffo, ma sotto la dicitura "fatto da chi nulla sapea disegnare") appaiono tre volte, peraltro coincidenti con la scansione delle campate della chiesa. All'interno si apriva una porta che immetteva nella chiesa, mentre un'altra, all'incirca dove ora si trova la fontana con l'obelisco accedeva alla sacrestia; sul retro esisteva l'"arco dei cavalli" che metteva in comunicazione il piano nobile del Palazzo con la chiesa.

      Dalla pianta del Raffo si vede chiaramente la divisione in tre navate divise da quelle che il Rocca chiama "gran colonne di marmo bianco", raggruppate due a due su un piedistallo comune. Una tale disposizione di quelli che sono le strutture portanti dell'edificio è piuttosto rara per la zona. Essendo architetto il Bergamini, non è escluso che egli si sia riferito alle chiese genovesi a colonne binate (la famiglia Cybo proveniva infatti da questa città) e alla cappella romana di S.Maria del Popolo di Carlo Fontana voluta da Alderano Cybo, parente del duca, nella quale si notano colonne accoppiate. La croce latina che formava il transetto era un po' sproporzionata, essendo il braccio sinistro più lungo dell'altro; quest'ultimo accoglieva l'altare del SS.Crocifisso, che al tempo della descrizione del Rocca non era ancora stato installato, mentre l'altro braccio accoglieva la pala della SS.Vergine del Rosario. Il canonico poi aggiunge che c'erano altri nove altari, per un totale dunque di undici, comprendendo, forse, anche l'altar maggiore. La pianta del Raffo conferma tale numero, mentre Antonio Bergamini, ne riporta dodici, ma nell'elenco due di essi sono citati con la stessa denominazione, e quindi sembrano essere un unico altare citato per errore due volte (così sembra essere per l'altare della Natività di Maria, che forse è tutt'uno con quello dell'Annunciazione); oppure il dodicesimo è quello della cappella dei principi sopra il Comizio.

      In fondo alla chiesa faceva la sua bella figura l'Altare Maggiore, col suo ciborio in marmo policromo sopravvissuto al crollo, e le statue dei Santi Pietro e Paolo in marmo di Carrara; nel paliotto della mensa c'era un'urna con i resti di S. Severo Martire portati dal Cardinale Alderano che li aveva prelevati dalle catacombe romane. L'abside accoglieva, dietro l'Altare, anche il coro in noce e, ai lati, v'erano la Sagrestia e la Sala Capitolare; da qui, partiva il passaggio che, mediante una scala conduceva al Palazzo. Nel presbiterio, a sinistra si trovava il seggio del Duca di Massa in cornu Evangelii, a destra quello dell'Abate Mitrato in cornu Epistolae.

      Continuando a basarci sulla piantina del Raffo, a destra dell'Altare Maggiore c'era la cappella dedicata all'altare del SS. Sacramento, a sinistra invece quella che accoglieva l'altare di S. Carlo e S. Francesco Saverio. Come già accennato, le estremità del transetto ospitano a destra l'altare della Beata Vergine del Rosario con l'altorilievo della bottega del Lazzoni di Carrara (raffigurante la Madonna che porge il Rosario a S.Domenico, a sinistra quello del SS. Crocifisso, detto "Altare Preziosissimo", offerto, come l'altro, dal Card. Alderano e sormontato dal Crocifisso in legno bizantineggiante; alla destra di questo era posto il Fonte Battesimale, opera dello scultore Riccomanni di Pietrasanta, discepolo di Jacopo della Quercia. Proseguendo un ideale cammino che conduce dall'altare del Crocifisso fino alle tre porte d'ingresso e proseguendo poi sull'altra parete della chiesa per ritornare verso il transetto si incontravano nell'ordine gli altri sei altari dell'Ascensione, di S. Antonio da Padova, di S. Marco, dei Santi Gaetano, Giuliano e Teresa, dell'Annunciazione, e dello Spirito Santo. Nel 1753, in un decreto di aggregazione della Collegiata, è ricordato fra gli altri un altare della Natività di N.S. Gesù Cristo, del quale sappiamo anche che era sede di un Canonicato. Esso però non compare né nelle descrizioni citate, né nell'elenco della piantina del Raffo; Ci viene d'aiuto però il Bertozzi, che pone l'attenzione nella "cappella di S.Francesco di Paola" menzionata dal Marchelli nella sua "Mappa dimostrativa" dell'Archivio di Stato di Modena. Nella pianta, che ha lo scopo di mostrare ai regnanti le loro proprietà, la cappella suddetta è quella porzione del fabbricato ecclesiastico dal quale parte il collegamento col Palazzo; Qui è segnalato dal Rocca "uno stimatissimo bassorilievo rappresentante la Nascita del Salvatore" che presumibilmente è la pala della Natività riscoperta negli anni trenta e oggi conservata nella cappella ducale del Palazzo.

      Lo stesso decreto di aggregazione riporta inoltre che sopra la porta principale della chiesa avrebbero dovuto esserci le insegne della Basilica Vaticana scolpite su marmo con un’iscrizione, a testimonianza dell'aggregazione della chiesa di Massa a quella dì S. Pietro a Roma: nel disegno della facciata del Raffo compare, in verità uno stemma con al centro una tiara, ma i documenti parlano, come si è detto, dello stemma della famiglia Cybo-Malaspina.

      Proseguendo nell'ideale visita della chiesa, troviamo cinque confessionali, disposti, sempre secondo il Raffo, tra un altare e l'altro delle navate laterali (due a sinistra e tre a destra), più altri due ai lati dell’ingresso principale; quelli delle navate probabilmente erano addossati ai contrafforti delle campate, che possiamo immaginare simili a quelle dell'attuale Duomo; l’ottavo confessionale era posto sotto il pilastro di destra del transetto, rivolto verso la navata centrale (come vedremo, comunque, non è escluso che ce ne fosse un nono vicino alla porticina di sfogo sulla navata sinistra). Sul pilastro di sinistra era invece sistemato il pulpito in marmi policromi. All'ingresso c'erano due pile per l'acqua santa, mentre sul pavimento si aprivano alcuni sepolcri; vi erano poi molte epigrafi, funerarie o semplicemente commemorative. La piantina riporta inoltre che dalla porta esterna posta sul fianco sinistro della chiesa che accedeva alla sagrestia e alla casa canonica, si entrava anche in un cimitero coperto in cui "esistevano tre sepolcri nei quali collocavansi gli spurghi delle sepolture della chiesa allorché erano quasi ripiene, e si seppellivano gli sbirri".

      Nel corso del secolo si susseguirono altri interventi come la ricollocazione del Crocifisso al suo posto, operazione per la quale si dovette attendere il 14 settembre 1739. Nel settembre 1769 fu rialzato il campanile e il suo tetto cambiò da cupola a guglia; il piombo che copriva la vecchia copertura fu venduto a Livorno; venne poi rifatta una balaustrata nell'agosto del 1770 e infine nel giugno del 1776 il vecchio orologio fu sostituito con un altro, costato 44 zecchini e fabbricato a Sarzana alla maniera "francese", come dice il cronista Nardino Bertelloni.

      Dopo la ricostruzione, la classe dirigente continuò a tentare di elevare Massa a sede vescovile. Per questo cercò di accrescerne beni ed entrate e di ottenere per essa nuovi privilegi, fra cui la già citata aggregazione alla Basilica di S.Pietro a Roma con la concessione delle relative speciali indulgenze, ottenuta con Decreto del Cardinale Arciprete e del Capitolo della Basilica il 26 febbraio 1753 e confermato dal Vescovo di Luni-Sarzana il 26 giugno dello stesso anno. I tentativi andarono oltre e l'obiettivo venne quasi raggiunto: "il 16 agosto 1757 l'imperatore Francesco I emanò un Diploma col quale concedeva alla Duchessa Maria Teresa (1731-1790) di stabilire delle rendite di 600 filippi annui per la futura Diocesi sopra i beni feudali e il Papa Clemente XIII con Breve del 4 gennaio 1766 manifestò ufficialmente l'intenzione di erigere la Diocesi; il Breve però non ebbe seguito, e la Duchessa dovette seguire altre vie: limitandoci a quel che riguarda la chiesa di S. Pietro, istituì la dignità di Arcidiacono con decreto del 24 ottobre 1766 e soppresse praticamente la carica di Abate della Collegiata dal 1779, non facendo nominare successori alla morte dell'Abate Giuseppe Anceschi. Ma i provvedimenti presi da questa Duchessa e dalla figlia Maria Beatrice (1790-1796; 1799-1800; 1814-1829) furono annullati dall'invasione napoleonica (30 giugno 1796): la città di Massa entrò a far parte della Repubblica Cisalpina. e il 21 giugno 1798 fu soppresso il Capitolo della Collegiata; ripristinato l'anno dopo, esso continuò le sue funzioni ininterrottamente, fino a diventare Capitolo della Cattedrale quando finalmente fu eretta la Diocesi di Massa Ducale (dal 1939 Diocesi di Apuania), il 18 gennaio 1822."

      Però la Cattedrale di questa nuova diocesi non fu mai S.Pietro perché la chiesa, in quell'epoca, non esisteva più da qualche anno.

      Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone, era diventata Principessa di Massa, e sembra che fosse infastidita e preoccupata dalla mole della chiesa che toglieva l'orizzonte al Palazzo Ducale e che mandava cattivi odori durante le funzioni per la grande folla (da notare dunque che i fedeli che frequentavano S.Pietro erano una gran moltitudine) che vi confluiva; si disse anche che "le campane della chiesa disturbavano i sonni della Principessa". Così Il 30 aprile 1807, la fece chiudere e ne ordinò la demolizione. Ma il vero motivo, probabilmente, fu che "la Principessa abbia voluto rendere più ampia la piazza davanti al Palazzo Ducale, che invece dava l'impressione di essere interrotta a metà dalla chiesa e forse non furono estranee a questa decisione le manovre dei Giacobini massesi."
       
       
       

    La demolizione
       

      "Imperando Felice I, per la grazia di Dio e delle costituzioni francesi Principe di Lucca, e di Piombino, e presiedendo al governo della Prefettura delli stati di Massa, e di Carrara il sig. Nicolao Giorgini di Montignoso, l'ultimo giorno di aprile 1807, per Sovrano Decreto fu soppressa l'ìnsigne Abbaziale, e Collegiata Chiesa di S. Pietro di questa città di Massa. Quel Reverendo capitolo unicamente al restante del clero, venne traslato nella chiesa di S. Francesco dei RR.PP.Min. Osservanti, e il primo maggio li reverendi signori Canonici principiarono a uffiziare in detta chiesa, e li signori Cappellani a esercitarvi le loro funzioni parocchiali. Economo Abbaziale in detto tempo era il signor Conte Don Luigi Luciani.

      Il 2 luglio del sudd.anno fu dato principio dai carrarini alla demolizione del grande e magnifico ciborio dell'altar maggiore, tutto intarsiato di bellissimi marmi e di singolar lavoro, come pure a levare le balaustrate ed il pavimento. Fu poi per allora sospeso un tal lavoro. Il dì primo agosto dello stesso anno, fu nuovamente dato principio dai muratori e manuali lucchesi alla totale demolizione di detto tempio cominciando dal tetto, mentre dai carrarini in chiesa si levavano gli altari, ed altri non pochi ornarnenti pure di marmo. Alla testa delli suddetti operari vi era un architetto lucchese di cognome Lazzerini. Il dì 18 suddetto circa le ore otto e mezzo antimeridiane, giunse in questa città S.A. Imperiale Elisa nostra sovrana, e mentre per un sì fausto avvenimento echeggiava l'aria di acclamazioni ed evviva, dalla gran torre si calavano le campane, una delle quali fu venduta unicamente al coro, pulpito ed una delle principali porte al Comune di Gragnana, castello posto nel territorio dì Carrara. Il dì 24 fu levato dalla suddetta torre l'oriolo, e questo, unicamente alla campana, fu rilasciato a questo Comune. La mattina del di 11 settembre fu dato principio alla totale demolizione della suddetta torre, e fu levata la balaustrata e la guglia, sulla quale posava la gran croce che forniva detta torre. Fu per allora sospeso un tal lavoro. La mattina del dì 2 ottobre, circa le ore undici e mezzo antimeridiane, caddero due uomini mentre tagliavano un arco della crociata. Questi erano di Bedizzano; uno restò morto sul colpo, e l'altro fu portato all'ospedale e dopo mezza ora rese l'anima al suo Creatore. Il dì 24 d'ottobre le chiudende della porta grande del detto demolito tempio furono messe alla porta del Ducale palazzo, che corrisponde nella gran piazza."

      Così Padre Eligio Quadrella ricorda l'epilogo della chiesa più cara al popolo massese. Un popolo che il 30 aprile di quell'anno, improvvisamente, rimane allibito nel trovarsi le porte della Collegiata sbarrate da un decreto del ministro delle finanze Belluomini, che il giorno precedente ordinava di cessare immediatamente le funzioni sacre e di provvedere alla chiusura dell'edificio; a seguito di queste disposizioni il 10 maggio si dovette trasferire il Capitolo nella vicina chiesa di S.Francesco, dalla quale furono mandati via i Frati Minori; i cittadini ebbero il permesso di prelevare e di trasportare al cimitero le ceneri dei propri defunti.

      Le prese di posizioni, le proteste, si fecero sentire; ma la prudenza consigliò di non esporsi troppo specialmente per i letterati; essi, così vicini alla corte, sfogheranno più tardi il loro sdegno, come il signor Diana che nel 1856 dedicò un componimento al conte Bernardo Ceccopieri con queste parole:

      Un dì frammenti

      Contro il Tempio di Dio cozzar vedemmo

      Umana forza, che non ha ritegno

      […]

      0 miseranda

      Sciagura nostra! da le sacre volte

      Suonò la voce, che tremenda un giorno

      Solima intese ..

      […]

      Quegli avanzi

      Mirò Massa piangendo, e ne raccolse

      Le reliquie dilette

      Se non mancavano studiosi favorevoli alla decisione della Baciocchi come il Marmottan, che giudicava la chiesa priva di motivi di interesse, i cittadini massesi non nascosero la loro disapprovazione alla "place ampie et bien carrée" che Elisa aveva progettato davanti alla sua residenza. Il suo infatti non sembrava proprio un intervento puramente estetico o igienico.

      "L'urbanistica di età napoleonica pone al centro dei propri interessi la progettazione di vasti spazi aperti, destinati alla liturgia laica delle cerimonie e delle parate. La soluzione proposta da Giovanni Antolini per il Foro Bonaparte di Milano è probabilmente il più noto fra questi progetti, ed è interessante sapere che Elisa ne possedeva un "bel exemplaire" dono dell'autore, […], risulta chiaramente la simpatia di Elisa per l'architetto emiliano" I Baciocchi perseguono il loro metodo ideologico in tutti i capoluoghi del dominio (Lucca, Massa e Piombino), ed in tutte queste città si registrano in effetti demolizioni o cambiamenti di destinazione di edifici ecclesiastici

      Ciò deve essere sostenuto con opportuna propaganda, che nel caso del bando di demolizione massese arriva ad affermare che "E' sempre stato nella mente degli augusti principi di demolire la chiesa per essere detta chiesa posta in una situazione né conveniente né comoda […] col pregiudizio al comodo religioso".

      Il fermo proposito della Baciocchi era la costituzione di una piazza regolare e alberata davanti alla sua residenza, "Non si tratta infatti solo di creare una piazza più ampia ma, innanzitutto, di eliminare la chiesa più importante della città e di esaltare la mole superba del Palazzo Ducale, sede principesca del nuovo governo liberale magnanimo e virtuoso"

      Lo stato di polizia che si era venuto a creare in quegli anni è testimoniato dalle varie lettere della Prefettura conservate nel locale Archivio. Destituito il Prefetto Agostini che aveva espresso il "dispiacere universale che ha cagionato la chiusura della chiesa", entra in carica Nicolao Giorgini di Montignoso, figura piuttosto ambigua che esegue con sollecitudine tutti gli ordini impartiti, ma "a malincuore" come dirà molto più tardi. Il 2 giugno il Giorgini emana il bando relativo all'aggiudicazione dei lavori della demolizione, del quale invia alcune copie al ministro Belluomini il 6 giugno e, gli stessi giorni propone al Ministro del Culto e ottiene dalla Principessa il trasporto in S. Francesco del Crocifisso che la tradizione voleva proveniente da Luni, "inteso che ciò dovesse farsi nel silenzio della notte" per timore di tumulti popolari. Il bando era stato emesso dopo che il livornese Paolo Bargigli, professore di Architettura ed Ornato all'Accademia Eugeniana di Carrara, già incaricato di occuparsi dei lavori al Palazzo, il 30 marzo invia da Carrara un primo rapporto sulla progettata demolizione. Egli osserva che: "Il tetto risulta essere bene armato [...] di legname, con quantità di ferramenti, vetri ..."; c'è abbondante presenza di marmi lavorati (pavimenti, varie colonne ed altari), buone pietre da costruzione. Egli conclude che vendendo il materiale e impiegando i calcinacci per spianare la piazza, sarà possibile, con notevole risparmio dei trasporti, "chiudere in pari". Ciò può permettere al Giorgini di emanare il bando e di garantire ai sovrani l'autofinanziamento dei lavori. Interessante è pure la lettera dei Bargigli del 16 maggio, nella quale dichiara che "la chiesa di S. Pietro di Massa non contiene alcun monumento d'arte, quale meriti d'essere conservato né in Scultura né in Pittura, le cose più riguardevoli che esistono sono due Altari nella sua maggiore crociera composti di colonne di broccatello, ma impellicciate, con due bassorilievi in marmo uno tagliato in croce facendo cornice ad un Crocifisso, ed altro dedicato alla Mad. del Rosario, ambedue opere moderne e mediocri della vicina Carrara" Potrebbe sembrare che il Bargigli abbia esagerato nel considerare così di poco conto le suppellettili della chiesa, forse il suo intento era dettato dal cercare di non far cadere in mani francesi altre opere d'arte.

      Oltre al già citato Crocifisso, si cerca di mettere al riparo le altre suppellettili della chiesa più importanti: il 17 giugno la Municipalità nella persona di Luigi Felici chiede di portare l'organo in S. Francesco e che sia concesso alla cittadinanza l'orologio del campanile "colle relative Campane per il suono delle Ore e dei quarti"

      Mentre la Municipalità tentava di dissuadere la sovrana dal suo proposito, dicendo che la chiesa di S.Francesco era insufficiente a contenere i fedeli, il malcontento popolare era difficilmente tenuto a freno dalle autorità; è significativa la disposizione che il Giorgini attua nei confronti di Giovanni Maria Brizzolari, ciabattino di Borgo del Ponte, che viene arrestato con l'accusa di andar cantando per la città "una canzone relativa alla demolizione della Chiesa di S.Pietro piuttosto allarmante"; oppure il caso di Giovanni Agarini, sorpreso il 10 ottobre nell'atto di collocare un lumino accanto al bassorilievo della Madonna del Rosario, il quale era stato staccato dall'altare e sistemato provvisoriamente nel recinto della Fabbrica. Si registrano inoltre allarmanti notizie riguardo a malintenzionati che violano i sepolcri della chiesa abbandonata.

      Gli episodi di cui sopra, si svolgono in un clima di tensione che riempie il lungo lasso di tempo che intercorre tra la chiusura della chiesa e l'inizio della demolizione. I tempi lunghi sono causati dall'impossibilità di reperire, da parte dei sovrani, manovalanza locale: nessun massese si abbassò al volere del regime.

      Cominciarono allora il 23 giugno lunghe trattative con gli impresari lucchesi Biagio Bambini e Giovanni Ciucci. I sovrani che inizialmente volevano assicurarsi il "tettame" della chiesa così ben giudicato dal Bargigli per ricoprire il palazzo di Carrara, sono disposti a rinunciarvi pur di iniziare i lavori e, ricorrendo anche a minacce di forza, il 31 luglio fanno firmare il contratto agli impresari lucchesi, garante per loro l'architetto lucchese Giovanni Lazzerini, che più tardi subentra al Bargigli come direttore dei lavori, dato che quest'ultimo aveva esasperato Elisa per i continui ritardi sulla contemporanea sistemazione del Palazzo Ducale. Essa giunse a Massa appositamente il 18 agosto, mentre dal campanile, come abbiamo appena letto dal Quadrella, si calavano le campane; per l'occasione l'architetto Marchelli eresse un'arco di trionfo in legno. Il lavoro di demolizione era già iniziato il 7 agosto e procedette con i tempi ricordati dal Quadrella. Il Ciucci e il Bambini ottennero in pagamento la proprietà di tutti i materiali, legnami, o altro della chiesa, tranne quadri e tutte le lapidi con iscrizioni.

      Si consumò così il volere sovrano che nei commentatori posteriori fu crudamente ricordato, come nel caso della didascalia del disegno ora di proprietà privata raffigurante il fianco della chiesa demolita "a richiesta dei Giaccobini Massesi, avendo fatto credere alla medema Baciochi, loro sovrana, essere un capannone in mezzo della Piazza […] e quando fu eseguito il decreto infernale da Nicolao Giorgini di Montignoso, fu giudicata tal Fabrica del valore di 200.000 scudi di Massa, ed era ammirazione a tutti li Forestieri che vi entravano"; e continua dicendo che nell'"esecrando misfatto" ci rimise soltanto "l'animo de' buoni Massesi". Una geremiade, questa, che riprende anche il Matteoni, aggiungendo che "alcuni intriganti ... la vollero giù ma fecero male", non era affatto ingombrante e dava "lustro e decoro" alla città. Aspetti di un tipico carattere massese, che ancora oggi reagisce alle ingiurie in silenzio, meditandole e senza mai dimenticarle.

      Interventi interessarono anche "la fabbrica della nuova chiesa iniziata da Alberico II nel 1673, essa rimase, dopo il 1697, in totale abbandono per più di un secolo; nel 1808 fu abbassata di 14 braccia per ridare al Palazzo Ducale la vista del mare; nel 1815 ne fu demolita la maggior parte e il resto fu adibito a magazzini; nel 1839 vi furono allestiti gli Uffici di Finanza, che vì rimasero fino al 1966 anno in cui tutti gli edifici sorti sulla vecchia fabbrica e nei dìntorni furono completamente demoliti per far posto alla costruzione dell'attuale Municipio del Comune di Massa: la memoria di essa restò nel nome della "Porta Fabbrica" che si trovava lì vicino, lungo le mura meridionali della città; demolita anch'essa, il nome resta nell'attuale "Via Porta Fabbrica" e nel toponimo popolare "La Fabbrica" che si riferisce alla zona compresa fra l'attuale Municipio e il Teatro Guglielmi."
       
       
       

    Le suppellettili della chiesa
La demolizione dell'edificio fu effettuata grazie all'autofinanziamento dell'operazione derivato dalla vendita del materiale demolito o dalla sua cessione alle imprese che vi parteciparono. Alcuni quindi comprarono con regolare contratto e altri si portarono via semplicemente quello che potevano; per questo la documentazione dell'operazione è frammentaria, incerta e difficilmente ricostruibile. Due studiosi che hanno provato a tentarne un riordinamento sono stati Mariano Lallai, nel cui intervento sul Giornale Storico della Lunigiana traccia un'esauriente e documentata classificazione degli oggetti originali della Collegiata, indicandone l'attuale posizione e Piero Donati, che, sempre sulla scorta dei documenti, riferisce le vicende e le destinazioni delle suppellettili. E' ovvio, dunque, che le maggiori fonti dell'elenco che segue saranno costituite proprio da questi studi, integrati dalle dovute specificazioni. Distribuiremo l’elenco per accertata autenticità di provenienza dell'oggetto.

 
 
 

OGGETTI DOCUMENTATI CON CERTEZZA


 






ALTARE MAGGIORE

Chiesa di S.Donato - Chianni (PI) - fig. 2.4
scheda
  "Fu acquistato a spese del popolo di Chianni dalla città di Massa […] essendo stata demolita quella insigne chiesa per ordine dell'attual governo." Come si legge dalla relazione della visita pastorale che il vescovo di Volterra, Mons.Incontri, fece alla parrocchiale di S.Donato. Agli inizi dell'Ottocento, la chiesa, un'antica pieve divenuta troppo piccola per il cresciuto paese di Chianni (prov. di Pisa), era stata abbattuta e ricostruita com'è attualmente. Al momento della visita (13 giugno 1812) la chiesa non era ancora finita, ma si può ipotizzare che l'altare fosse già stato rimontato. Proprio per questo motivo, fu murato un avanzo dell'altare che era inservibile: si tratta di un frammento di iscrizione scoperto durante un restauro del locale sottostante (ricalcante probabilmente quella originale che ora funge da sala riunione). Questa iscrizione che ricorda i meriti del committente dell'altare Ferdinando, già ricordato più sopra, fu fatta apporre nel 1636 dal fratello Carlo Cybo Malaspina e si trovava nel coro dietro l'altare stesso; oggi rimane solo il frammento, conservato in canonica, con le prime parole; abbiamo però una trascrizione pervenutaci dal Bergamini e trascritta dal Matteoni. . L.Mussi (op.cit.) dice che le statue di S.Pietro e S.Paolo "passarono le alpi", ma, con ogni evidenza, si trovano adesso a fianco del ciborio e la qualità dell'intaglio le fa supporre appartenenti alla bottega del Lazzoni All'interno del Paliotto della mensa recentemente è stata ricollocata parte delle reliquie di S.Severo Martire della Cattedrale di Massa che originariamente erano riposti a S.Pietro nell'altare stesso. Come già detto l'Altare è attribuito a Francesco Bergamini che lo scolpisce intorno al 1640, la mano dell'architetto-scultore è facilmente riconoscibile nel suo consueto uso della bicromia rosso-bianca, utilizzando marmo Apuano e Rosso Francia. C'è un grande uso anche dei marmi Giallo-Siena, Verde Alpi e Bardiglio. Il monumentale Ciborio, con la cupola richiamante quella brunelleschiana, e avvicinabile all'altare maggiore che lo stesso artista fece a Calci, misura 567 cm di altezza per 190 cm di larghezza (alla base); comprendendo la Croce, che da sola misura 67 cm, l'altezza totale è quindi di 7,78 metri dal pavimento della chiesa. E' stato comparato al più grande (ma manchevole del ciborio) altare della Cattedrale di Massa, sebbene questo sembri molto più elaborato nelle decorazioni e nella ricerca di proporzioni. ORGANO

Chiesa di S.Maria Assunta - Stazzema (LU) - fig 2.14
 

Un documento, che negli anni settanta il maestro di cappella del duomo di Pisa, Don Franco Baggiani, rinvenne all'interno della cassa dell'organo, ci dice che questo, con la sua tribuna, vennero acquistati per 310 filippi dalla chiesa di S.Maria Assunta, dove tuttora si trovano. Questa chiesa aveva già in precedenza un altro organo, comprato sempre dai massesi nel 1788; esso, per far posto al nuovo fu allora venduto alla chiesa di Pedona (Camaiore) ed il ricavato coprì in parte le spese per l'acquisto del nuovo, per la quale occasione "il popolo di Stazzema in numero di cento persone andò a Massa […] e portò tutto il materiale gratis". La sua attuale collocazione, nell'antica pieve di S.Maria, è vistosamente incoerente col contesto: il grande complesso settecentesco, alto 5 metri, sollevato da terra 3,15 metri ed esteso, con la tribuna, per ben 8,8 metri, risulta, con la sua carica decorazione, un oggetto tronfio e sicuramente estraneo all'austerità della pieve, se si eccettua il soffitto e l'altare. La forte irregolarità in pianta evidenzia una notevole difficoltà occorsa ad adattare lo strumento alla nuova chiesa. La decorazione, un po’ pasticciona, denuncia pesanti interventi di restauro o successive apposizioni difficilmente individuabili. Si prova una certa sorpresa nell'osservare stucchi singolari come quelli ottenuti applicando le casse e altri pezzi di autentici strumenti musicali nella composizione ornamentale della tribuna. Tutto ciò fa pensare che l’organo situato in S.Pietro fosse piuttosto diverso dall’attuale e che molti stucchi (se non tutti) fanno parte di un arte "popolaresca" apposta dopo la ricollocazione nella chiesa di Stazzema CORO LIGNEO

Chiesa di S.Michele - Gragnana (MS) - fig.2.15
 

La campana maggiore che fu calata dal campanile durante la visita di Elisa, "fu venduta unicamente al coro, pulpito e una delle principali porte" agli abitanti di Gragnana, che a partire dal 1792 avevano intrapreso la ricostruzione della loro chiesa, S.Michele. Questa campana non esiste più perché rifusa nel 1863, ma il resto è ancora presente nella chiesa. Il coro, in particolare, è la suppellettile più voluminosa della chiesa; in legno di noce, è probabilmente lo stesso che si era rovinato quando il sovrintendente Toretti non volle togliere i suoi sedili prima di effettuare dei lavori alla chiesa inerenti la ricostruzione settecentesca, oppure è un altro ricostruito proprio a seguito di quella occasione; certo è che il suo stato è, in effetti, piuttosto malandato, poiché oltre a questo, l’assemblaggio nella chiesa di S.Michele sembra essere stato traumatico: è infatti probabile che esso, ora di forma circolare attorno all'abside della sua chiesa ospite, sia stato originariamente rettangolare, confacendosi all'abside rettangolare di S.Pietro raffigurato nella piantina del Raffo. Ciò sembra essere avvalorato (oltre che dalla piantina suddetta nella quale il coro è anche graficizzato con quella forma) da alcune osservazioni sui montanti e sulle panche, che sembrano essere state tagliate successivamente in modo da adattarle alla nuova forma circolare; cosa più eclatante, sono i sedili, sui quali si vedono chiaramente le tracce delle cerniere che servivano ad alzarli e ora risultano rimosse perché la nuova disposizione rendeva meno agibile l'operazione. Indecente risulta poi l'accozzaglia di pezzi di schienali sistemati sull'estremità destra per far posto ad una porta. Il coro, manchevole di molte sue cornici, è meglio conservato nella parte superiore e misura in altezza complessivamente 3,55 metri (scranno centrale), coprendo l'arco di cerchio dell'abside di raggio circa uguale a 3,70 metri PORTALE LATERALE

Chiesa di S.Michele - Gragnana (MS) - fig. 2.16
 

Anch'esso nella chiesa di S.Michele, è ora installato come portale principale. Vi è posta la scritta "Ecclesia tuam Domine in aeternum conserva et ab ea cunctam repelle nequitiam" con sopra la data "1810"; chiara invocazione scaramantica dopo gli eventi successi. Abbiamo visto in precedenza che i documenti riportano delle precise scritte sopra i portali: probabilmente erano situate dove ora risiede l'odierna che è stata sostituita. Dal disegno della facciata che possediamo, non risulta inoltre che i portali avessero un timpano triangolare come presenta quello di Gragnana, ma è probabile che esso sia stato aggiunto in fase di montaggio, forse prelevando il materiale dalle altre due porte; è da notare infatti la poca omogeneità col resto del portale, inoltre la modanantura dei due fianchi del timpano è identica a quella dell'architrave sottostante, proprio del portale. Le sue misure sono: 6,40 metri in altezza e 3,33 metri da stipite a stipite (4,21 considerando la larghezza massima del timpano) . PULPITO

Chiesa di S.Michele - Gragnana (MS) - 2.17
 

La chiesa di Gragnana possiede anche questo strumento della liturgia, che originariamente era sistemato sul pilastro sinistro della chiesa demolita, ora è posto a circa due metri e mezzo da terra sulla parete sinistra del presbiterio di S.Michele. Si vede chiaramente la sua estraneità al complesso ospite che si vede "appiccicato" questo balconcino di marmi policromi dalle dimensioni di 199 x 95 x 130 cm. E' interessante notare che quello della Cattedrale di Massa è quasi la versione ingrandita di questo per la forte rassomiglianza, segno, questo, che assieme ad altre considerazioni rende verosimile l'ipotesi che la chiesa di S.Francesco, nella ricostruzione e nei restauri successivi anche alla demolizione, si ispirò abbastanza a S.Pietro. Il Raffo, nella sua piantina di S.Pietro, lo descrive appoggiato al sinistro dei due pilastri della navata centrale e ad esso "accedevasi mediante la contigua scaletta di marmo esterna, e di una apertura che esisteva nell’interno di detto pilastro" ANTE DI LEGNO DELLA PORTA PRINCIPALE

Palazzo Ducale – Massa - fig. 2.18
 

Il Quadrella riporta chiaramente che "le chiudende della porta grande del detto demolito tempio furono messe alla porta del Ducale palazzo, che corrisponde nella gran piazza", e possiamo ragionevolmente crederci, data la maestosità della manifattura che, dando ancora prova del potere ottenuto in smacco a quello clericale, Elisa volle al suo Palazzo. Le due ante, delle quali quella sinistra è stata tagliata per ricavarci una piccola porta, misurano ciascuna 530 x 143 cm; essendo il Palazzo Ducale sede della Provincia, esse svolgono tutt'oggi la loro finzione venendo aperte e richiuse sulle loro tre cerniere tutti i giorni. Questo non agevola la loro conservazione che sarebbe piuttosto auspicabile: si vede in effetti tutta la loro età e il legno, per quanto buono, non può durare in eterno. CROCIFISSO LIGNEO IN STILE BIZANTINO

Duomo di Massa - fig.2.1
 

Il crocifisso trasportato in S.Francesco "nel silenzio della notte" per consiglio del Giorgini, si trova tuttora nella chiesa, ora Duomo di Massa, situato sul suo altare nella stessa posizione che aveva in S.Pietro, cioè nel transetto sinistro. La leggenda sulla sua provenienza da Luni è stata giudicata priva di fondamento, attribuendo perciò il manufatto al XIII secolo. E' comunque sempre stato oggetto di grande venerazione anche dai circonvicini, di qui la prudenza del trasferimento notturno durante la demolizione della chiesa. Sembra che la parte inferiore sia stata rifatta in epoca successiva. Recentemente è stato oggetto del furto della corona postagli nel dopoguerra ALTORILIEVO B.V. DEL ROSARIO

Duomo di Massa - fig. 2.11
 

Anche per questa suppellettile si è voluta ricreare la stessa disposizione che aveva nella chiesa demolita, ponendolo sull'altare del transetto destro della Cattedrale. Fu commissionato dal Cardinale Alderano a Tommaso e Andrea Lazzoni di Carrara e, dopo la demolizione, posto provvisoriamente in S.Sebastiano; nel 1856 è stato messo sull'altare odierno. Sia questo che l'altro altare del Crocifisso, sono probabilmente opera di Alessandro Bergamini . FONTE BATTESIMALE

Duomo di Massa - fig. 2.12
 

Inizialmente collocato in un luogo provvisorio della Cattedrale, fu posizionato davanti all'altare maggiore della Cappella delle Stimmate, dov'è ora. Scolpito all'inizio del quattrocento dal Riccomanni, allievo di Jacopo della Quercia, è un blocco a forma di calice con intagliate scene del vangelo e, in basso, la scritta latina poco ortodossa "Qui per hanc aquam transit no moritur sed exurgit" La sua forma, che segue l'ottagono, è alta 113 cm e larga 118. Difficile commentare il moderno coperchio postogli sopra . PARTE DELL'ARCHIVIO DELLA COLLEGIATA

Duomo di Massa
 

I documenti e i registri delle nascite e dei morti, o almeno quello che è rimasto, sono conservati nell'Archivio della Cattedrale e Archivio Vescovile. E' custodito anche il Libro delle Memorie del Capitolo e il Decreto di aggregazione alla Basilica di S.Pietro.
 
 
 
OGGETTI DOCUMENTATI INDIRETTAMENTE O FORTEMENTE RITENUTI ORIGINALI

ALTARE "PREZIOSISSIMO"

Chiesa di S.Michele – Lucca - fig. 2.19
 

E' il Lallai che asserisce la provenienza da S.Pietro dell'altare "preziosissimo" (ospitante il SS.Crocifisso bizantino) che ora si colloca a Lucca nella chiesa di S.Michele. Lallai si è basato sulle ricerche dell'Arciprete della Cattedrale di Massa Mons.Ugo Berti. Nella nota chiesa lucchese si può ammirare nel transetto sinistro un mastodontico apparato che accoglie pure un grande crocifisso. Benché la chiesa massese disponesse anch’essa di un voluminoso spazio, è un po’ difficile che l’intero altare (che sembra anche stilisticamente posteriore) vi trovasse adeguata collocazione. Potrebbe trattarsi però anche semplicemente della piccola mensa posta sotto l’altare che sembra anche più coeva all’edificazione di S.Pietro. Per questa incertezza ho scelto di non rilevare la suppellettile. STATUE DI S.ROCCO E DI S.SEBASTIANO

Cimitero di Ortola – Massa - fig. 2.20
 

Si trovano attualmente nella cappella del cimitero massese di Ortola; sono due piccole statue di marmo alte circa un metro, raffiguranti i santi Rocco e Sebastiano, con un intaglio di stile vagamente manieristico. DUE VASI IN MARMO DEL CAMPANILE

Cimitero di Ortola – Massa - fig. 2.21
 

Come le precedenti statue, sono anch'essi al cimitero di Ortola, ma posti in due edicole contemporanee all'ingresso esterno; i due vasi facevano parte dei quattro che ornavano la balaustra del campanile. E' sempre il Lallai la fonte delle loro notizie, che ad Ortola ne vuole la presenza di tutti e quattro, ma degli altri due attualmente non c'è traccia. DUE CONFESSIONALI

Duomo di Pontremoli - fig.2.22
 

La provenienza da S.Pietro dei sette confessionali del Duomo di Pontremoli è voluta dalla tradizione, ma Piero Donati ha dimostrato che almeno due sono originali. Cinque confessionali datati 1809 e 1812, infatti, oltre ad essere visibilmente copie mediocri degli altri due, datati 1808, sembra che siano usciti dalla bottega dei carraresi Jacopo e Lorenzo Franzoni, come dimostrerebbero alcuni documenti. I due confessionali sono posti entrambi nel transetto sinistro, uno di faccia all'altro; le loro dimensioni arrivano a 2,50 x 3 metri ciascuno. In uno di essi la scritta "C.Stan.Bonaventu. ad usum dedit 1808" dedicata al committente Stanislao Bonaventuri è chiaramente apposta in un secondo tempo nello spazio lasciato libero dalla soprastante, che poteva benissimo essere già incisa. TRITTICO QUATTROCENTESCO di BERNARDINO DEL CASTELLETTO

Duomo di Massa / Stati Uniti d'America (?) - fig. 2.23
 

La Pala è conservata nella cappella del SS.Sacramento della Cattedrale e raffigura nello scomparto centrale la Madonna con bambino, e in quelli laterali i santi Pietro, Paolo, Nicola da Bari e Giovanni Battista. E' stata attribuita per lungo tempo a Filippo Lippi, ma studi più recenti la ascrivono a Bernardino del Castelletto. Essa era, con ogni probabilità, la Pala dell'Altare Maggiore di S.Pietro prima che fosse costruito il ciborio e, a questo proposito, è interessante segnalare l'esistenza, in due musei statunitensi, di due frammenti di pala che lo studioso Sodano ascrive con molta probabilità a parte del trittico massese: uno, raffigurante un angelo annunciante, è una cuspide e si trova a Baltimora; l'altro, una predella, rappresenta la morte della Vergine e si trova a New Haven CROCIFISSO IN BRONZO

Duomo di Massa - fig. 2.24
 

Si tratta di un crocifisso in bronzo ed ebano del secolo XVII, inizialmente conservato nella cappella del Palazzo Ducale, fu successivamente donato dai Cybo alla chiesa di S.Pietro per poi giungere nell'attuale museo del Duomo. E' opera di Ferdinando Tacca, allievo del Giambologna. STATUA DELLA B.VERGINE DEL ROSARIO

Duomo di Massa - fig. 2.25
 

Il Lallai segnala questa piccola statua-reliquiario d'argento conservata nel museo della Cattedrale. L'autore è Giovanni Vambrè che la eseguì nel 1685 QUADRO DI S.GAETANO DA THIENE

Duomo di Massa - fig. 2.26
 

Questo quadro è il secondo a destra entrando nel Duomo; raffigura S.Gaetano da Thiene senza aureola perché all'epoca di esecuzione dell'opera non era ancora stato canonizzato. Dipinto da Lucrezia Prandini nel XVII secolo, in S.Pietro stava appunto sull'altare di S.Gaetano BASSORILIEVO DELLA NATIVITÀ

Palazzo Ducale – Massa - fig. 2.27
 

E' già stato detto come M.Bertozzi ritenga questo bassorilievo di marmo proveniente dalla Cappella di S. Francesco di Paola interna alla Chiesa. Esso rappresenta la Natività di Gesù Cristo e, forse per sottrarla alle mani francesi, fu per lungo tempo murata all'interno di una parete del Palazzo. Negli anni trenta è stato portato nella cappella Ducale dove tuttora si trova. EPIGRAFI

Duomo di Massa - fig. 2.28
 

Si trovano nel corridoio della Cattedrale che porta alla sagrestia. Per alcune di esse abbiamo la documentazione con la trascrizione del testo che certificano l'originale provenienza.
 
 
OGGETTI DOCUMENTATI MA IRREPERIBILI

PARTE DEI MARMI DI UN ALTARE IMPRECISATO

Il Lallai dice che "parte dei marmi di un'altare andò a finire nella chiesa di S.Domenico a Turano di Massa" senza specificare altro. UN PORTALE Anche questa suppellettile è menzionata dal Lallai che la pone nella vecchia chiesa parrocchiale di Marina di Massa, ma qui non c'è traccia di esso. MARMI DEGLI ALTARI DI S.GAETANO E DELLA NATIVITÀ DI M.VERGINE Qui è Antonio Bergamini che ci fornisce la notizia: secondo lui all'Opera della Chiesa di Pietrasanta sarebbero stati venduti questi marmi, che secondo P.Donati apparterrebbero a due altari delle cappelle in fondo alle navate laterali, ma sono solo ipotesi. BALAUSTRA DELL'ALTAR MAGGIORE Bergamini dice semplicemente che questo manufatto "finì a Viareggio". CAMPANA E OROLOGIO DEL CAMPANILE La municipalità di Massa ottenne l'orologio del campanile e delle "Campane per il suono delle Ore e dei quarti" che poi però cedette alla Cattedrale. Il Lallai dice che l'orologio è ancora sul campanile, ma questo, a tutt'oggi, ne è evidentemente privo e il Parroco nega che ci sia mai stato.
 
ALTRI OGGETTI


Nella Cattedrale sono poi conservate le Reliquie della S.Croce e resti di Severo Martire, nonché altre reliquie, paramenti, libri liturgici e vasi sacri che non è possibile riconoscere perché confuse con gli oggetti propri di S.Francesco. Vi sono poi altri oggetti che le varie parrocchie dei dintorni asseriscono provenienti da S.Pietro, come un quadro nella chiesa massese della Madonna del Monte o la parte di un altare nella chiesa di Casette, o ancora altri oggetti a Vecchiano in provincia di Pisa, ma per questi ed altre suppellettili non si ritrova riscontro preciso e sicuro.


Altre nozioni e figure si possono consultare nel CD-ROM della Tesi. Informazioni