Olimpiadi
2006: quale regia? Emilio Soave, Eva Biginelli, Sergio Dellavecchia |
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Emilio
Soave (Associazione Pro natura Torino), Eva Biginelli (Legambiente Circolo
Ecopolis), Sergio Dellavecchia (Associazione Oltrepo) rispondono all'intervento
di Carlo Ratti sulla gestione dei progetti urbanistici per i prossimi
Giochi Invernali a Torino nel 2006 (Olimpiadi
piccole piccole, supplemento Domenica de
Il Sole 24 ORE
del 2 Giugno), ed all'articolo Olimpiadi.
Costruire e dimenticare, apparso il 12 giugno scorso su l'Unità. |
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L'articolo
di Carlo Ratti apparso sul Sole 24 Ore del 2 giugno scorso ci sembra
un interessante stimolo per aprire una discussione sui caratteri e sull'entità
delle trasformazioni urbane che si connettono con gli interventi previsti
a Torino per la realizzazione degli impianti sportivi, dei villaggi
olimpici e delle infrastrutture connesse con i giochi invernali del
2006. Lasciando ad altri gli interventi, spesso polemici, sui ritardi nelle progettazioni e nella realizzazione delle opere previste e sulle procedure fin qui adottate, in particolare sulle occasioni perdute per bandire concorsi di progettazione di carattere internazionale (lo "stimolo al confronto architettonico"), ci pare comunque utile intervenire sui temi della qualità urbana e dell'inserimento dei "siti olimpici" nelle trasformazioni urbane in essere o in divenire. Giusto il timore che si perda un'occasione per ridisegnare la città o quanto meno interi quartieri (BIT-Lingotto-Mercati Generali-Piazza Galimberti-Stadio Comunale-Piazza d'Armi), ma d'altro canto è facile ribattere che occorreranno parecchi lustri e miliardi di Euro per trasformare un comprensorio così vasto, che a sua volta si interconnette con la trasformazione delle aree ferroviarie Porta Nuova-Lingotto e tutto ciò che ne deriverà. Quello che stupisce semmai è la mancata discussione di questi vasti scenari che si prospettano: discussione a cui dovrebbero partecipare non soltanto gli ordine professionali o gli addetti ai lavori, ma tutti gli attori politici, sociali, culturali, economici e sindacali della nostra città. Se si va verso un ridisegno della città, che si configura come una grossa revisione del Piano Regolatore del 1993, occorre innescare fin da ora un processo di partecipazione. Salvo che si voglia demandare tutto alla "concertazione" tra i grandi attori e i grandi portatori di interessi locali o nazionali soltanto in funzione dell'esaltazione della rendita immobiliare: vorrebbe dire la fine della programmazione urbanistica ed il ritorno ai "piani di fabbricazione" in funzione degli interessi che si vanno ad individuare di volta in volta sul territorio nelle aree urbane di trasformazione, magari approvando ogni volta varianti urbanistiche quasi "ad personam", confezionate per espresso. Ci pare che l'articolo di Ratti, utile provocazione, dovrebbe aprire un momento di riflessione su alcuni interrogativi di fondo, a cui non vogliamo certo qui neppure tentare di rispondere. - Qual è stata finora la qualità degli interventi nelle zone di nuova urbanizzazione? Ci riferiamo qui sia alla tipologia dei complessi abitativi realizzati dalle tre o quattro grandi società costruttrici sulle Spine e nelle zone urbane di trasformazione, sia alla qualità degli spazi pubblici e delle aree cedute per servizi. Non ci pare che la qualità sia quella che Gregotti auspicava e ci sembra per contro che sovente le aree industriali dimesse, che i pianificatori indicavano come le "grandi risorse" di questa città, siano state utilizzate con una scarsa attenzione e, talvolta, siano state "sprecate". - Qualcuno si è domandato non solo quanto si sta costruendo, ma per chi? Con una popolazione sostanzialmente stazionaria, quali saranno i nuovi cittadini che occuperanno i nuovi massicci interventi di edilizia residenziale? La città ha una capacità di previsione? - Il sistema dei trasporti pubblici ed il nuovo Piano Urbano del Traffico tengono conto delle trasformazioni urbanistiche presenti e future e ipotizzano nuovi scenari di mobilità urbana? Si pensi ad esempio a come cambierà la città con la prospettata chiusura di Porta Nuova... - Quale attenzione è stata dedicata alle tematiche ambientali nella trasformazione urbana in atto e negli interventi per i giochi invernali? La città manca di un regolamento ambientale e di un piano d'azione in questo campo. La tutela del verde, la limitazione all'impermeabilizzazione dei suoli, il risparmio energetico, l'attenzione al microclima urbano, la responsabilizzazione dei cittadini nella riduzione e nella differenziazione dei rifiuti, la mobilità sostenibile, andrebbero applicate e sperimentate proprio nelle nuove urbanizzazioni, ma questo non sembra interessare a molti, se non come vetrina estemporanea per qualche progetto pilota. - Sul tema dei concorsi internazionali di architettura, pur essendo comprensibile che per alcune realizzazioni olimpiche i tempi ridotti impongono procedure semplificate e accelerate, è giusto invece domandarsi perch‚ meccanismi concorsuali di livello almeno europeo non siano stati attuati per grandi interventi su aree industriali dimesse che meritavano grande attenzione: si pensi in particolare a Spina 3 e al "parco della Dora", l'intervento forse di maggior rilievo in tutta la città. - Un'altra domanda di notevole rilievo riguarda la Olimpiadi come "occasione persa" per intervenire in senso più ampio sul paesaggio urbano. L'impressione è che sia stata dedicata poca attenzione a questo tema. Si cita sempre Barcellona come modello: ebbene, come è noto, Barcellona ha utilizzato quest'occasione per ricostruire un affaccio sul mare e riqualificare tutta la zona portuale. Torino ha il Po con i suoi affluenti e la collina ed un vasto progetto che è "Torino Città d'Acque". Quale migliore occasione poteva mai esservi per dare slancio a questo progetto e ridisegnare il paesaggio fluviale, offrendolo come "vetrina" per i giochi olimpici? Mentre così scarsa attenzione è stata dedicata al paesaggio urbano, l'insistenza è stata portata tutta sulla realizzazione di nuove infrastrutture (sottopasso Spezia-Sebastopoli, via Zino Zini, linea 1 della metro, etc.). come se Torino avesse soltanto un deficit nell'infrastrutturazione del territorio e per il resto avesse solo da autocelebrarsi. - Un'ultima domanda riguarda l'effettivo riutilizzo delle strutture olimpiche, clausola posta dal C.I.O.: qualcuno è in grado davvero di dire come verranno riutilizzati gli impianti sportivi, quale "domanda sociale" esiste e come si articola sul territorio? In molti di questi problemi si è sentita la mancanza della "Città Metropolitana" capace di programmare i suoi interventi in un'area più vasta, la mancanza di una strategia, di una vera regia, lasciando che un mercato dominato da pochi grandi soggetti stabilisca esso stesso le sue regole. Il Piano Territoriale di Coordinamento, egregio strumento elaborato dalla Provincia di Torino, non è stato recepito dagli Enti territoriali. Quanti guasti ci saranno in futuro per l'assenza di una programmazione territoriale? Quante multisale cinematografiche, quante città del divertimento, quanti parchi acquatici, quanti stadi, quanti ipermercati, quante centrali termoelettriche è in grado di ospitare l'area metropolitana torinese? Quante scatole vuote resteranno sul territorio alla fine della fiera? Su tutte queste cose vorremmo che si aprisse una discussione e non solo sui concorsi di architettura. Vuol dire anche saper creare una tensione ideale, parlare del futuro della città non solo in generale ma anche dando fiato ai progetti locali partecipati. Un grande contributo avrebbe potuto darlo in questa direzione il Progetto speciale Periferie, ormai riclassificato e "normalizzato" come "settore amministrativo". Non sarebbe il caso di ripensarci? Emilio Soave (Associazione Pro natura Torino) Eva Biginelli (Legambiente Circolo Ecopolis) Sergio Dellavecchia (Associazione Oltrepo) |
[15jun2002] | |||
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