Assenza |
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In
un articolo sul "Guardian" (The future looks bright,
21 giugno 2003) il filosofo Richard Dawkins propone di riunire sotto
una nuova definizione "positiva" le persone che si dichiarano
atee, agnostiche, senza dio ecc.: il termine bright (brillante,
lucido, vivace) dovrebbe fornire quell'aura fascinosa che, ad esempio,
la parola gay ha indubbiamente dato alle più aride o,
peggio, offensive (oggi potremmo dire "tremagliesche") definizioni
della condizione omosessuale. Eppure, proprio la rimozione del soprannaturale, il pensiero negativo, l'assenza, il silenzio, il nulla, il vuoto... costituiscono elementi fondativi e pervasivi della modernità, non solo in ambito filosofico (basti pensare a tutte le correnti di pensiero riunite sotto la definizione di nichilismo), ma anche e soprattutto nelle scienze naturali (vedi, anche sui rapporti con la religione, John D. Barrow, The Book of Nothing, Jonathan Cape, 2000) e nelle più diverse manifestazioni culturali e sociali (una analisi sul coagularsi di questi temi a cavallo del Novecento è in Stephen Kern, The Culture of Time and Space 1880-1918, Harvard University Press, 1983; vedi anche Umberto Eco, La struttura assente, Bompiani, 1968). Alle scoperte relativamente recenti riguardo la struttura infinitesimale della materia (siamo fatti prevalentemente di niente, qualsiasi modello atomico vogliamo prendere in considerazione) o quella macroscopica dell'universo (secondo recenti misurazioni condannato a espandersi all'infinito per insufficienza di massa) si accompagnano infatti numerose ricerche poetiche (dalle pause di Mallarmé all'Uomo senza qualità di Musil), figurative (la destituzione del contenuto nell'impressionismo, il Quadrato bianco su bianco di Malevic, gli Achrome di Manzoni, i White Paintings di Rauschenberg gli spazi positivi-negativi nelle sculture di Pevsner, i "buchi" di Fontana...), musicali (i famosi 4'33" di John Cage, nei quali l'esecutore si siede al pianoforte e non suona per il tempo indicato), performative (la mostra organizzata da Yves Klein con tanto di vernice e catalogo ma priva di opere esposte)... |
[04dec2004] |
John
D. Barrow, The Book of Nothing, 2000
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Stephen
Kern, The Culture of Time and Space, 1880-1918, 1983
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Umberto
Eco, La struttura assente, 1968
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In questo vivace proliferare di sperimentazioni attorno al nulla, l'architettura, per una volta, non segue a rimorchio le conquiste di arte e scienza, ma si fa protagonista della ricerca sul vuoto, costruendo proprio su di esso la sua originale identità di disciplina moderna. Una storia dell'assenza nell'architettura occidentale potrebbe cominciare infatti con la rivoluzione prospettica, dove zero e infinito mostrano la loro indissolubile relazione (vedi Karsten Harries, Infinity and perspective, The MIT Press, 2001), e con il superamento della concezione chiusa della cosmologia medievale che apre allo spazio barocco (Leonardo Benevolo, La cattura dell'infinito, Laterza, 1991). Passerebbe per le ricerche manieristiche dello Zuccari e del Palladio richiamate da Colin Rowe come ascendenti del quadrato bianco al centro della facciata di villa Schwob di Le Corbusier (Mannerism and Modern Architecture, in "Architectural Review", 1950, ristampato in Id., The Mathematics of the Ideal Villa and other Essays, The MIT Press, 1976). Toccherebbe poi, tra l'altro, anche la platonica riduzione alla sfera -il meno articolato dei solidi- nelle fantasie degli "architetti rivoluzionari" e le successive astrazioni puriste (Emil Kaufmann, Von Ledoux bis Le Corbusier, 1933), l'afasia urbana di Adolf Loos (che pure lanciava le sue Parole nel vuoto, Adelphi, 1972), i vari minimalismi prima e dopo Mies (Vittorio Savi e Josep Montaner, Less is more. Minimalismo en arquitectura y otras artes, Actar, 1996), la riduzione alla superficie (vedi la mia "parola chiave" del 10 agosto 2004), il tema della trasparenza (vedi ancora Rowe, con Robert Slutzky, Transparency. Literal and Phenomenal, part I, in "Perspecta", 1963 -ristampato nella raccolta di saggi di Rowe citata poco sopra-; part II, in "Perspecta", n. 13-14, 1971), fino alla "nuvola" di Scofidio e Diller (Blur: The Making of Nothing, Harry N Abrams, 2002). Una storia che non potrebbe tacere dell'Oriente, delle sue filosofie, religioni ed espressioni estetiche così lontane dall'horror vacui della tradizione europea, e dell'influsso fondamentale su diversi snodi significativi della sua evoluzione: dal giardino romantico all'art nouveau, da Frank Lloyd Wright allo stesso Cage (Amos Ih Tiao Chang, The Tao of Architecture, Princeton University Press, 1981; Michele Porzio, Metafisica del silenzio. John Cage, l'Oriente e la nuova musica, Auditorium, 1996; Carlos Martí Arís, Silencios elocuentes, Upc 1999). |
Karsten Harries, Infinity and Perspective, 2001 |
Colin
Rowe, The Mathematics of the Ideal Villa and Other Essays,
1976 |
Adolf Loos, Parole nel vuoto, 1972 |
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Vittorio Savi, Josep Montaner, Less is more. Minimalismo en arquitectura y otras artes, 1996 |
Ricardo
Scofidio, Elizabeth Diller, Blur: The Making of Nothing,
2002 |
Amos
Ih Tiao Chang, The Tao of Architecture, 1981 |
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Michele Porzio, Metafisica del silenzio. John Cage, l'Oriente e la nuova musica, 1996 |
Carlos
Martí Arís, Silenzi eloquenti. Borges, Mies van
der Rohe, Ozu, Rothko, Oteiza, 1999 |
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Le antichissime pratiche Zen o taoiste -le loro attitudini vacue, transitorie, indeterminate (Giangiorgio Pasqualotto, Estetica del vuoto. Arte e meditazione nelle culture d'Oriente, Marsilio, 1992)- sembrano tuttavia avvicinarsi agli evanescenti e instabili orizzonti contemporanei, non tanto e non solo in termini formali, quanto, piuttosto, nella capacità di pensarne i fenomeni. Attraverso la prevalenza dello spazio sull'oggetto, del vuoto sul pieno, del mutevole sull'eterno si spiega anche la continuità tra tradizione e modernità in Cina e Giappone e l'assenza di quegli approcci dichiaratamente antiarchitettonici così frequenti tra le neoavanguardie, secondo le quali ogni avanzamento nell'architettura sembra dover passare per la sua eliminazione. Non si tratta solo di una freudiana e generazionale "soppressione simbolica dei genitori" per necessità di autodeterminazione (così come l'avevo interpretata in Grande e veloce, Officina, 2000, vedi il paragrafo "Morte dell'architettura, morte della città", pp. 154 sgg.) quanto di un effettivo problema di contatto con una realtà contemporanea sempre meno comprensibile attraverso i tradizionali strumenti disciplinari, tanto che i termini in grado di descriverla si affidano sempre di più agli strumenti della negazione, della sottrazione, della rimozione (immateriale, indeterminato, infinito, nonluogo, invisibile, astratto, informe...). "Anti", "non", "senza", si costituiscono quindi come parole chiave dell'analisi sul contemporaneo e delle strategie per una sua trasformazione (vedi Diana Agrest, Architecture from Without. Theoretical framings for a critical practice, The MIT Press, 1991), sostenendo insieme la visione populista e spontaneista iniziata da Bernard Rudofsky (Architecture Without Architects. An introduction to nonpedigreed architecture, MoMA-Doubleday, 1964) e la meno nostalgica attenzione verso i fenomeni di autoorganizzazione mediati dalla tecnologia da parte di Cedric Price (vedi Jonathan Hughes, Simon Sadler, Non-Plan. Essays on Freedom, Participation and Change in Modern Architecture and Urbanism, Architectural Press, 2000), la "fantascientifica" eliminazione delle necessità materiali negli scenari esplorati da Adolfo Natalini e compagni a cavallo degli anni Settanta (vedi Peter Lang, William Menking, Superstudio. Life Without Objects, Skira, 2003) e la allusiva esplorazione della fine nell'ultimo numero di "ANY" (n. 27, 2000, Being and Nothing). |
Giangiorgio Pasqualotto, Estetica del vuoto. Arte e meditazione nelle culture d'Oriente, 2004 |
Giovanni
Corbellini, Grande e veloce, 2000 |
Diana Agrest, Architecture from Without: Theoretical Framings for a Critical Practice, 1991 |
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Bernard Rudofsky, Architecture without architects. An introduction to nonpedigreed architecture, 1964 |
Jonathan
Hughes, Simon Sadler, Non-Plan: Essays on Freedom, Participation
and Change in Modern Architecture and Urbanism, 2000 |
Peter
Lang, William Menking, Superstudio. Life Without Objects, 2003 [Mastrigli] |
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"ANY",
27, 2000 |
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Il ruolo paradossale dell'assenza, per una disciplina pur sempre orientata alla costruzione, e il suo valore generativo nelle pratiche progettuali più avanzate costituiscono inoltre l'originale punto di vista di Federico Soriano. Le sei negazioni (senza-scala, -forma, -peso, -pianta, -dettaglio, -gesto) prese in considerazione nel suo Sin_tesis (Gustavo Gili, 2004) rovesciano con acutezza ed efficacia molti dei più radicati luoghi comuni della mentalità architettonica. Rovesciamento ampiamente praticato da Rem Koolhaas, al solito tra i più lucidi interpreti della condizione contemporanea, anche e soprattutto riguardo ai temi in questione: "Dove c'è il nulla, nulla è impossibile. Dove c'è l'architettura nulla (altro) è possibile", scrive nel 1985 (Imaginer le néant, in "L'Architecture d'Aujourd'hui", n. 238), evidenziando l'enorme potenzialità dell'assenza come fattore proliferativo, come centro motore dell'innovazione. Il nulla opera nell'approccio koolhaasiano attraverso la categoria della tabula rasa, presupposto di una radicale modernità (vedi François Chaslin, Deux conversations avec Rem Koolhaas et autres textes, Sens et Tonka, 2001), ma soprattutto mutando l'attitudine additiva (compositiva e costruttiva) di architettura e urbanistica nella pratica sottrattiva della "strategia del vuoto", presentata in S,M,L,XL (010 publishers, 1995; vedi anche, ivi, per altri ragionamenti sul nulla, Field Trip: (A)A Memoir. The Berlin Wall as Archiecture, e Typical Plan. Meditation) e "brevettata" in Content (Taschen, 2004, a cura di Brendan McGetrick). La tattica difensiva proposta per la ville nouvelle di Melun Sénart agisce infatti attraverso una sottrazione preventiva di spazio, una significazione del vuoto che prescinde dal pieno e allo stesso tempo ne attende l'incontrollabile sviluppo. Analoga produzione di senso attraverso rovesciamento e rimozione segna il progetto per la Très grande bibliothèque di Parigi, dove gli spazi destinati al pubblico vengono scavati -"come nel gelato"- nel volume di un deposito reso indifferente dalla sua gestione elettronica. |
Federico Soriano, Sin Tesis, 2004 |
"L'architecture
d'aujourd'hui", 238, 1985 |
Rem
Koolhaas, Bruce Mau, S,M,L,XL, 1995 [Damiani] |
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Brendan
McGetrick, &&& art directors (editors), OMA/AMO, Content,
2004 |
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Proprio la diffusione delle tecnologie informatiche e la loro capillare influenza sui più diversi aspetti della contemporaneità spostano ancora più decisamente lo sguardo della critica verso l'assenza, il nulla, il virtuale. Se il trasferimento di funzioni dal materiale (l'architettura) all'immateriale (i media) comincia con l'invenzione della stampa (vedi il capitolo "Ceci tuera cela" in Notre-Dame de Paris, di Victor Hugo, 1831), la sua recente, violenta accelerazione rende attuale quella possibilità di abolizione dell'architettura ritualmente invocata dalle avanguardie (e rappresentata, tra l'altro, dal fatto che stare sulle riviste costituisce oggi una "condizione di esistenza" molto più effettiva della realtà fisica; vedi This is Not Architecture: Media Constructions, a cura di Kester Rattenbury, Routledge, 2002). Una eventualità, questa della prevalenza del virtuale, sulla quale si interrogano Jean Baudrillard e Jean Nouvel (Les objets singuliers. Architecture et philosophie, Calmann-Lévy, 2000) e, soprattutto, Paul Virilio, praticamente in tutti i suoi saggi e specificamente in L'esthetique de la disparition (Galilée, 1989) e La procedure silence (Galilée, 2000). | ||||||||
Kester Rattenbury (ed.), This is Not Architecture: Media Constructions, 2002 |
Jean
Baudrillard, Jean Nouvel, Architettura e nulla. Oggetti singolari,
2000 [Agnoletto] |
Paul
Virilio, Estetica della sparizione, 1989 |
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Paul Virilio, La procedura silenzio, 2000 |
Aaron
Betsky, Erik Adigard, Architecture Must Burn, 2000 |
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Sotto la spinta esterna dell'evoluzione tecnologica e quella interna
della riflessione sui propri strumenti e obiettivi, Una parte del pensiero
architettonico guarda con sempre maggiore attenzione alla dimensione
concettuale, al senso del prima e del dopo della costruzione, piuttosto
che alla fisicità degli edifici. Architecture
must burn! gridano Aaron Betsky e Erik Adigard, accodandosi
ad almeno quarant'anni di proposte radicali, dalla copertina del loro
pamphlet grafico-provocatorio (sottotitolo: A manifesto for an architecture
beyond building, Thames & Hudson, 2000). Non potevano immaginare
che l'anno successivo persino il "collega" meno bright
che si possa immaginare, Mohammed Atta, avrebbe incendiato le torri
gemelle ed espresso il proprio integralismo medievale attraverso l'agghiacciante
e ipercontemporaneo vuoto di Ground Zero. Giovanni Corbellini gcorbellini@units.it |
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edizioni
italiane John D. Barrow, Da zero a infinito. La grande storia del nulla, Mondadori, Milano 2001. Stephen Kern, Il tempo e lo spazio. La percezione del mondo fra Otto e Novecento, Il Mulino, Bologna 1988. Emil Kaufmann, Da Ledoux a Le Corbusier. Origine e sviluppo dell'architettura, Mazzotta, Milano 1975. Colin Rowe, La matematica della villa ideale e altri scritti, Zanichelli, Bologna 1990. Carlos Martí Arís, Silenzi Eloquenti. Borges, Mies van der Rohe, Ozu, Rothko, Oteiza, Marinotti, Milano 2002. Bernard Rudofsky, Architettura senza architetti. Una breve introduzione alla architettura non blasonata, Editoriale scientifica, Napoli 1977. Rem Koolhaas, Immaginare il nulla, in Jacques Lucan, Oma. Rem Koolhaas. Architetture 1970-1990, Electa, Milano 1991. François Chaslin, Architettura© della tabula rasa©. Due conversazioni con Rem Koolhaas, Electa, 2003 Jean Baudrillard e Jean Nouvel, Architettura e nulla. Oggetti singolari, Electa, Milano 2003. Paul Virilio, Estetica della sparizione, edizione italiana a cura di Gabriele Montagano, Liguori, Napoli 1992. Paul Virilio, La procedura silenzio, Asterios, Trieste 2001. |
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post
scriptum uno sguardo generale sul concetto: Sergio Givone, Storia del nulla, Laterza, 1995. Il nulla nell'arte e nella scienza del Novecento: Nothing, a cura di Graham Gussin ed Ele Carpenter, Marston Book Services, 2001. alcuni saggi di filosofia più o meno recenti, oltre al monumentale: Jean Paul Sartre, L'Etre et le Néant, Gallimard, 1957. Enzo Paci, Il nulla e il problema dell'uomo, Bompiani, 1988. Carlo Formenti, Immagini del vuoto. Conoscenza e valori nella gnosi e nelle scienze della complessità, Liguori, 1989. Giuseppe Cantarano, Immagini del nulla. La filosofia italiana contemporanea, Bruno Mondadori, 1998. Massimo Donà, Sulla negazione, Bompiani, 2004. sugli sviluppi più recenti: Marco Belpoliti, Doppio zero. Una mappa portatile della contemporaneità, Einaudi, 2003. uno sguardo a oriente: Hoseki Schinichi Hisamatsu, La pienezza del nulla. Sull'essenza del buddismo Zen, Il melangolo, 1985. sul numero zero: Robert Kaplan, The Nothing That Is. A Natural History of Zero, Oxford University Press, 1999 (ed. it. Rizzoli, 1999). Charles Seife, Zero: The Biography of a Dangerous Idea, Penguin Books, 2000 (ed. it. Bollati Boringhieri, 2002). per un approccio sociologico: Massimo Ilardi, Negli spazi vuoti della metropoli. Distruzione, disordine, tradimento dell'ultimo uomo, Bollati Boringhieri, 1999. La città senza luoghi. Individuo, conflitto, consumo nella metropoli, a cura di Massimo Ilardi, Costa & Nolan, 1990. Franco Ferrarotti, La perfezione del nulla: promesse e problemi della rivoluzione digitale, Laterza, 1997. la famosa raccolta di saggi di John Cage sul silenzio: John Cage, Silence. Lectures and Writings, Wesleyan University Press, 1961. sulla prospettiva, oltre al fondamentale: Erwin Panofsky, La prospettiva come forma simbolica e altri scritti, Feltrinelli, 1961. Hubert Damisch, L'origine de la perspective, Flammarion, 1997. sui rapporti arte architettura: Mark Linder, Nothing Less Than Literal. Architecture after Minimalism, The MIT Press, 2004. su architettura e nichilismo e sul pensiero debole vedi: Neil Leach, Rethinking Architecture. A Reader in Cultural Theory, Routledge, 1997. vedi anche la raccolta di saggi, precedentemente pubblicati in italiano, integrati da un nuovo pezzo conclusivo, di: Massimo Cacciari, Stephen Sartarelli, Architecture and Nihilism. On the Philosophy of Modern Architecture, Yale University Press, 1993. una disamina sul tema del vuoto in architettura e sul rapporto con la materia è in: Pietro Zennaro, La qualita rarefatta. Considerazioni sull'influenza del vuoto nella costruzione dell'architettura, F. Angeli, 2000. ancora sui materiali: Immaterial/Ultramaterial. Architecture, Design and Materials, a cura di Toshiko Mori, Harvard University Press, 2002 (ed. it. Postmedia, 2004). sulla non-città per eccellenza: Bruce Begout, Zéropolis. L'Expérience de Las Vegas, Allia, 2002 (ed. it. Bollati Boringhieri, Zeropoli. Las Vegas, città del nulla, 2002). sul modernismo "bianco" (e non solo): Mark Wigley, White Walls, Designer Dresses, The Fashioning of Modern Architecture, The MIT Press, 1996. Renato Rizzi evidenzia, tra l'altro, nessi tra religiosità ebraica e nulla in: Peter Eisenman. Mistico nulla, a cura di Renato Rizzi, Motta, 1996. dedicato ai progetti per la ricostruzione a Ground Zero: Matteo Agnoletto, Groundzero.exe. Costruire il vuoto, Kappa, 2004. sul fenomeno di costume dello space clearing vedi: E. Chiaia, Ho bisogno di ordine, in "La repubblica delle donne", maggio 2002. alcuni romanzi: Bret Easton Ellis, Meno di zero, Einaudi, 1996. James Ellroy, Il grande nulla, Mondadori, 1989 (1988). Peter Esterhazy, La costruzione del nulla, Garzanti, 1992. Stanislaw Lem, Vuoto assoluto, Editori Riuniti, 1990. Adriano Venudo segnala: Fernando Espuelas, El claro en el bosque. Reflexiones sobre el vacio en arquitectura, Fundacion Caja de Arquitectos, Barcellona 1999 (ed. it. Vuoto. Riflessioni sullo spazio in architettura, Marinotti, Milano 2004). |
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