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27 agosto 2006 Dentro la nuova chiesa pulsa il senso di un apprendimento. Nel racconto di Domenico Cogliandro un graduale ritrovamento della storia costruttiva, della topologia, dei traguardi visivi caratterizzano il cimitero e la chiesa di Pedro Pacheco e Marie Clément a Luz. 'Le immagini -scrive Domenico Cogliandro nel presentare il progetto in ARCH'IT architetture- denunciano l'evidenza: dentro la nuova chiesa pulsa il senso di un apprendimento, come i "segni delle idee di colui che parla". Ma la nuova chiesa è come la vecchia? Ne è la fedele riproduzione? Com'era, ma da un'altra parte? Ci sono dettagli costruttivi -che riguardano gli archi, i muri portanti, le volte- che non possono passare in secondo piano, e l'occhio del buon architetto starà certo attento alla questione. Ma quella, è la riproduzione esatta della vecchia chiesa! Eppure no. Certo le somiglia, e piuttosto. Ma ci sono cose, accorgimenti, che solo architetti di un altro tempo, il nostro, sarebbero stati disposti a fare, a partire dalla lettura (trascrizione e correzione) delle geometrie interne. E poi, la maniera di organizzare, con la complicità del sole, la penetrazione della luce (luz) in anditi e spazi. Ma, dopotutto, e alla stessa maniera, i due architetti hanno slittato in alto il cimitero di Luz...'.
18 agosto 2006 La mostra dedicata alla Vespa, presentata nel giugno scorso all'Istituto italiano di cultura di Montreal, prova a restituire il carattere di oggetto non indifferente, di fronte al quale nessun luogo sembra restare neutro. Come scrive Roberto Zancan, che ne è stato curatore, si tratta di un vero e proprio object (à reaction) urbaine. 'L'esposizione -si legge in ARCH'IT sopralluoghi- rovescia i criteri di presentazione tradizionali. Se, come pare, il nome stesso dello scooter gli fu assegnato dal costruttore, Enrico Piaggio, notando la somiglianza del prototipo all'insetto, la Vespa, più o meno consapevolmente, sembra inevitabilmente produrre sempre delle associazioni ad altro da sé. [...] la mostra cerca così di rendere conto principalmente di queste qualità immaginative della Vespa, la cui vicenda è legata tanto alla riconversione industriale quanto alla storia della comunicazione, della pubblicità, dell'immaginario, del costume, del paesaggio, della mobilità, dell'apertura verso i mercati internazionali...'.
16 agosto 2006 Nella soluzione di Casanova + Hernandez, il Gyeonggi-Do Jeongok Museum gioca in maniera spettacolare con la topografia del sito. Il terreno viene affettato crudamente per ospitare un corpo dalla geometria ortogonale, dal cui interno il visitatore può apprezzare una vasta parete di basalto. 'The design concept -scrivono gli autori in ARCH'IT architetture- is based on the potential of the new building working as a new gate for the entire prehistoric site solving the difference of the height levels within the site and on the potential of the basalt precipice that becomes the major element to display...'.
16 agosto 2006 Gyeonggi-Do Jeongok Prehistory Museum. Il progetto di Paul Preissner realizza una sorta di volume fibroso che definisce, in maniera tutt'altro che mimetica, la transizione dalle morbide curve della natura alla forte artificialità della costruzione. Il progetto dello studio Qua'Virarch diretto da Paul Preissner -si legge nella nota pubblicata in ARCH'IT architetture- 'proposes an open interconnected terracing of exhibition spaces. All rooms of exhibition are separated only through the platform circulation, while visibility is constantly maintained. This new form of curatorial framing allows the entire contents of the museum to be constantly appreciated from every position, reinforcing the magnitude of historical artifacts contained within...'.
11 agosto 2006 Alessandro Petti torna, quattro anni dopo, a raccontare il passaggio tra Israele/Palestina e Giordania. Dove la "macchina del confine" è profondamente cambiata. 'La macchina di confine -scrive Alessandro Petti in ARCH'IT files- è un'architettura interattiva, cambia a seconda della cittadinanza di appartenenza. Il prototipo, forse il più puro, di architettura biopolitica. È più o meno porosa a seconda dell'appartenenza nazionale. Un'architettura che si costruisce e decostruisce a seconda del rapporto che il singolo individuo ha con lo stato, dispositivo di regolazione tra nascita e nazione. Tala, nel suo essere per metà italiana e per metà palestinese mette in crisi l'ordine spaziale e sociale precostituito, mettendo a nudo la finzione dell'appartenenza nazionale e tutte le politiche che da essa seguono...'.
6 agosto 2006 Arie italiane. Un volume, curato da Antonello Marotta e Paola Ruotolo, tenta di fornire un quadro del meglio che gli architetti italiani della generazione che oscilla attorno ai quaranta anni, interessati all'nformatica, è in grado oggi di offrire al nostro Paese. 'Avrei voluto avere questo libro nel 2000, ma, allora, semplicemente "non c'era materia sufficiente per farlo". Questo libro -scrive Anotnino Saggio nella sua introduzione al testo, proposta in ARCH'IT coffee break- fatto oggi presenta invece un corpo di progetti e di realizzazioni rimarchevole soprattutto se visto nel loro contesto e cioè nell'estrema difficoltà che comunque sono costati, nella ancora parziale inefficacia dei concorsi in Italia, nella perdurante aridità e incultura di parte della committenza, nelle troppo poche città aperte alle sperimentazioni dei nuovi gruppi...'.
6 agosto 2006 E se un giorno il digitale diventasse realtà fisica, assumendo i connotati di una presenza vernacolare? Pixel, land art & super-icone. n'TT ha trasformato le icone dei videogiochi in gigantesche sculture ambientali di balle di paglia poste lungo le statali marchigiane. Carlo De Mattia racconta l'esperienza in ARCH'IT artland. 'L'immagine del paesaggio -scrive Carlo De Mattia- permette di comprendere in un unico sguardo la nostra storia passata, i nostri bisogni presenti e le nostre aspirazioni future. La mia regione, le Marche, è conosciuta per il suo paesaggio peculiare, per la felice unione tra campagna ed urbanesimo in cui i cambiamenti degli ultimi decenni hanno prodotto mutamenti irreversibili non sempre controllati e coerenti. Crediamo che la tutela del paesaggio dipenda in primis dall'affermazione di un modello culturale di riferimento che sia attento ai valori delle identità e alla qualità della vita prima ancora che a questioni di competenze e normative. I paesaggi, in quanto cose materiali soggette ad un giudizio estetico, sono produzione umana anche se possono essere indipendenti dal processo operativo e costruttivo in senso stretto...'. |
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