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ARCHIVIO GENNAIO 2005

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30 gennaio 2005

Dietro la superficie liscia delle cose che dalle pagine vengono traghettate nelle coscienze diventando, in un certo qual modo, opinione, è scivolato del pulviscolo. Ad un anno dall'inizio della direzione di Stefano Boeri, Domenico Cogliandro descrive quello che chiama il vettore Domus. 'Insomma -spiega Cogliandro in ARCH'IT files-, sono stati messi a nudo frammenti di cose, porzioni di realtà, polveri sparse, sabbie dei deserti, che stridono con la fiducia catartica nella oggettività delle riviste d'architettura ("lo dice il telegiornale", cantava Jannacci), sono state dette cose che stavano a mezz'aria tra la teoria appassionata sulla "centralità dell'architettura" e le pratiche professionali dell'appalto o del concorso. O forse di più, e ho idea che dal "vettore" stia fuoriuscendo una sostanza colloidale che dilaga in ogni direzione con l'intendimento, forse, che adagiandosi sull'idea stessa di topologia, anziché di geografia, delle relazioni, si riesca a scorgere la forma, i tratti, i bordi, di quella cosa dinamica e articolata che adesso chiamiamo rete, o rizoma, e che in tempi non sospetti Italo Calvino intravide, parlando d'altro, nella maglia delle sue città invisibili...'.

 

29 gennaio 2005

Centotrentasei pagine monocromatiche. Sessanta saggi di architetti, critici e teorici raccolti in una conferenza curata da Bernard Tschumi e Irene Cheng. Monia De Marchi legge, in ARCH'IT books review, il volume dedicato a The State of Architecture at the Beginning of the 21st Century. 'Ad ogni autore vengono affidate due pagine, con un risultato di incredibile varietà di strategie comunicative. Alcuni autori scelgono il solo testo con l'intenzione di formulare un nuovo approccio programmatico (Winy Maas), altri sono più critici e pessimisti, altri ancora (Zaha Hadid, Frank Gehry, Wiel Arets o Diller & Scofidio) lasciano che l'architettura parli da sé, relegando il testo ad essere marginale descrizione del progetto. Ai casi opposti del testo manifesto o dell'edificio manifesto si affiancano variazioni intermedie, Rem Koolhaas facendo riferimento allo sviluppo cinese afferma come gli aspetti sociali, l'ambizione del cliente, il programma proposto e il luogo stesso siano fattori che reciprocamente determinano un progetto, in questo caso la CCTV, Sanford Kwinter sottolinea l'affermarsi di nuove figure come il program designers e afferma, come fa inoltre il saggio di Toshiko Mori, la necessità di attuare investigazioni di nuovi processi scientifici e costruttivi sperimentando allo stesso tempo l'uso di nuovi materiali...'.

 

28 gennaio 2005

La dimensione conta. Contava ai tempi degli egizi e conta tanto più oggi, quando la disponibilità di energia e tecnologie estende le possibilità di realizzazione. Grande. Una nuova indagine bibliografica di Giovanni Corbellini. 'Il raggiungimento di una certa "massa critica" -così si legge in ARCH'IT parole chiave- comporta [...] una serie di trasformazioni (o di destituzioni di senso) nel rapporto tra edificio e architettura che Koolhaas riassume all'inizio di Bigness: l'impossibilità di controllo compositivo della dismisura attraverso il gesto o più gesti architettonici; l'annullamento dei "caratteri distributivi" da parte della mobilità meccanica garantita dagli ascensori (la collocazione delle parti risulta, di fatto, indifferente); la "lobotomia" che interrompe il contatto tra interno ed esterno (la sezione dell'edificio raggiunge dimensioni tali da impedire sia il rapporto funzionale tra involucro e contenuto, risolto attraverso mezzi artificiali, che quello rappresentativo: troppe attività in rapporto alla superficie esterna disponibile); la non necessità della qualità estetica (la sola massa è sufficiente a garantirne l'impatto); l'autoreferenzialità ("fuck the context!")...'.

 

27 gennaio 2005

Philip Johnson è morto. Il celebre architetto americano si è spento ieri all'età di 98 anni nella sua casa, la celebre Glass House a New Canaan, Connecticut. L'annuncio è stato dato dal MoMA, di cui Johnson è sempre stato uno dei maggiori sostenitori, nonché curatore della sezione architettura ancora prima del completamento dei suoi studi. Sulle pagine del New York Times Paul Goldberger ripercorre la biografia (Philip Johnson Is Dead at 98; Architecture's Restless Intellect) di questo grande personaggio dell'architettura e dell'arte. Architetto, curatore, collezionista di arte, ispiratore di giovani architetti ed a sua volta ispirato da loro, vicino alle idee fasciste prima della seconda guerra mondiale e autore di sinagoghe dopo, la personalità di Johnson è piena di contraddizioni; ma resta il fatto che le sue opere e la sua lunga carriera hanno fatto di lui l'architetto più famoso in America, conosciuto non solamente dagli addetti ai lavori. La stessa testata ospita un saggio di Nicolai Ouroussoff (A Tastemaker Propelled by Curiosity) che ripercorre le gesta architettoniche di questo grande personaggio che ha sempre avuto una notevole influenza sull'architettura americana. (Samuele Martelli)

 

25 gennaio 2005

Un palcoscenico sulla valle, un'isola d'attracco, una meta, un segno. Uno spazio costruito sull'uso della pietra e del legno. L'area di sosta sulla Statale dello Spluga, realizzata da Enrico Scaramellini e Guido De Novellis. 'Il progetto -scrive Enrico Scaramellini in ARCH'IT architetture- interviene sui due torrioni esistenti in maniera sostanziale. Percorrendo lo spazio di progetto ci appaiono, di volta in volta, diversi. Tozzi e con un'altezza modesta dal piano superiore, alti e slanciati dal piano inferiore. Attraverso la costruzione di un contenitore ligneo, si è raggiunto una continuità con l'elemento di protezione della terrazza. I torrioni diventano contenuto, oggetto all'interno. Le pareti di questo contenitore sono permeabili, la sovrapposizione in orizzontale di un sistema di tavole distanziate fra loro, garantisce la costruzione di un volume dinamico. Infatti, se da lontano esso si coglie nella sua interezza, quasi fosse un elemento monolitico; avvicinandosi le pareti si svuotano e rivelano un oggetto al suo interno...'.

 

24 gennaio 2005

Lo stadio di Siena, progettato da Iotti + Pavarani con Davide Marazzi, aspira a presentarsi come una sorta di incidente della natura, un fenomeno di erosione, un movimento tellurico. Una presentazione di Giovanni Corbellini, in ARCH'IT architetture. 'Con esplicito riferimento ai teatri greci, il nuovo stadio di Siena si avvantaggia della conformazione del terreno alloggiando la cavea in un avvallamento naturale, riducendo al massimo, in questo modo, il protagonismo della terza dimensione e istituendo, insieme, un rapporto visivo tra lo stadio e le emergenze monumentali del centro storico. La consolidata forma ad anello, generalmente associata alle arene sportive, perde infatti una delle curve, sostituita da una dolce pendenza erbosa destinata ai grandi spettacoli all'aperto, oltre la quale compare in lontananza il profilo della città...'.

 

23 gennaio 2005

L'opera di Estirel, scrive Ugo Rosa in ARCH'IT lanterna magica, è costituita da un numero indefinito di pietre scolpite minutamente e, presumibilmente, in successione. Ognuna è assolutamente identica alla precedente tranne che in un solo, insignificante, e a volte quasi invisibile, dettaglio. 'Si dice che ad un giovane apprendista, il quale gli faceva notare l'identità delle sue opere estreme, Estirel avrebbe risposto così: "Può darsi che esse ti appaiano identiche, ma certo non è vero che esse appartengano ad uno stesso artefice, bensì a due diversi e nessuno di loro sono io. La prima l'ha scolpita un inesperto fanciullo di quattordici anni appena capace di usare lo scalpello, in un tempo e forse in un luogo troppo lontani per me; l'altra, neanche, mi appartiene. L'avrò forse scolpita qualora dovessi vivere tanto da esserne capace, ma questo, lo vedi tu stesso, è ormai improbabile"...'.

 

21 gennaio 2005

Linee decise e cambi di direzione taglienti. Il CaffèDomani realizzato a Brescia da Manuela Gatto e Paolo Livi, nella presentazione di Maurizio Meossi. 'La struttura spaziale del locale –annota Maurizio Meossi in ARCH'IT architetture- non è infatti interessata nel suo insieme dall'intervento dei progettisti, che concentrano la loro operazione su pochi elementi di arredo fisso e finiture. Innanzitutto il banco del bar, caratterizzato da una fascia continua in acciaio satinato chi si stacca da terra, trova la quota dal bancone e lo riveste per intero fin quasi a raggiungere il punto di partenza, si impenna nuovamente e, ripiegandosi su se stessa, va a delineare una mensola continua al di sopra del piano di appoggio...'.

 

19 gennaio 2005

Tornano in Italia i giovani che hanno partecipato al progetto Leonardo, istituito dall'Unione Europea con l'obiettivo di promuovere la formazione in ambito europeo. Ad accoglierli è la Casa dell'Architettura di Roma, dove il 20 gennaio, a partire dalle ore 19.00, avrà luogo Leonardo Unpacked, esposizione temporanea dedicata a venti esperienze diverse svolte all'estero da giovani architetti di Roma e dintorni. Ciascuno di essi avrà la possibilità di raccontare, attraverso una microinstallazione individuale, i propri mesi trascorsi in Europa. "Componente importante dovrà essere il tema del viaggio -scrivono Daniele Mancini e Irene Rinaldi, curatori dell'evento-, non solo inteso nella tipica accezione dello spostarsi e dello scoprire, ma soprattutto nel senso dinamico dello scambio, del conoscere e creare ponti di comunicazione, nell'essere rivelatore di nuove attitudini e passioni." Parole chiave della serata? "viaggio, bagaglio, fare la valigia, disfare la valigia, arrivare, ritornare, comunicare, raccontare, proiettare, dire, parlare, appendere, accendere, mettere in scena." (Francesca Oddo)

 

18 gennaio 2005

Tutti i bambini hanno diritto al gioco, ancor più quelli che fin dalla tenera età si confrontano col mondo della malattia. In questi casi il gioco può costituire un contributo terapeutico. È con questo obiettivo che Gilberto Corretti, architetto e designer, segue CareToys, il laboratorio creato dalla Fondazione Meyer in collaborazione con la Cooperativa Arca, l'Assessorato all'Educazione del Comune di Pistoia e l'ISIA di Firenze. Frutto di una volontà e di una missione sinergica che ha condotto architetti, designer, pedagoghi e pediatri a lavorare insieme in vista del benessere fisico e psicologico del bambino in ospedale, CareToys sarà presente dal 21 al 23 gennaio 2005 a Pitti Immagine Bimbo con i giochi ideati dallo staff. Fra questi, quelli "che propongono il riuso di alcuni materiali di scarto rintracciabili facilmente all'interno dell'ospedale, come le scatole dei medicinali e le mascherine. I materiali utili per la realizzazione di questi giochi sono la carta e il cartoncino, gli strumenti necessari sono forbici, nastro adesivo, colla, matite e pastelli colorati. Questi giochi hanno anche lo scopo di aiutare il bambino a sdrammatizzare la propria condizione di paziente, manipolando oggetti che fanno parte della quotidianità dell'ospedale." Appuntamento al "thè del cappellaio matto", in programma alla Fortezza da Basso di Firenze venerdì 21 e sabato 22 dalle 16.30 alle 18.00, durante il quale verrà raccontato come il gioco può strappare un sorriso ad un bimbo malato. (Francesca Oddo)

 

17 gennaio 2005

Lo spazio Web di deSingel confeziona un contenuto particolarmente ricco di espressioni contemporanee. Spaziare all'interno della galleria in cerca di un'emozione tra le arti rappresentate può rivelarsi un efficace apporto di cultura, se assunto regolarmente, secondo la programmazione consigliata... Una raccolta dell'intensa attività svolta dal 1999 ad oggi del gruppo Metrogramma che rappresenta il proprio lavoro, la ricerca sulla densità urbana e la passione del mestiere attraverso un puzzle fatto di schede molto chiare che mettono in primo piano i progetti. Si svela così l'immagine rappresentativa di un gruppo ormai consolidato... Paul Petrunia e Javier Arbona costruiscono dal 1997 uno dei principali riferimenti per chi cerca informazioni e views sull'architettura. Orientarsi in Archinect è facile, tutti gli ingressi sono facilmente raggiungibili e senza noiose attese i contenuti si svelano disposti sempre al centro della scena... Queste e altre proposte di visita in ARCH'IT goodsite, guida agli spazi piacevoli della Rete.

 

17 gennaio 2005

L'interesse per la qualità del patrimonio paesaggistico e infrastrutturale al centro del progetto di lands studio e t-a sviluppato con la consulenza di Giovanni Abrami. Aldo Aymonino presenta il volume dedicato a livingstreet. 'Un nuovo interesse si aggira per l'Europa -scrive Aymonino in ARCH'IT books review-, l'interesse per la forma dell'infrastruttura. Non più relegato nel dorato ghetto degli specialismi tecnici, questo potentissimo motore del cambiamento planetario riesce, ed era ora, a catturare l'attenzione non solo degli addetti ai lavori in un campo di applicazioni che, se esaminato da vicino, può diventare onnicomprensivo. Dai geografi agli amministratori, dai filosofi agli imprenditori l'interesse per la qualità di quel patrimonio collettivo costituito dai paesaggi, dalle infrastrutture e dal movimento antropico all'interno di entrambi, sembra essere divenuto un tema ineludibile per qualsiasi programma o riflessione a breve, medio e lungo termine...'.

 

16 gennaio 2005

L'architettura promuove sodalizi. Un volume schietto, pulito, definito, esattamente come il proposito per il quale lo Students' Centre nascerà: la cooperazione fra studenti di due paesi diversi, Svizzera e Afghanistan. In ARCH'IT architetture Francesca Oddo presenta il progetto del gruppo Brnic Graf Rossbauer. 'Giovanissimi, Ivica Brnic, Florian Graf e Wolfgang Rossbauer, il primo croato, il secondo svizzero, il terzo tedesco, studiano all'ETH, istituto che orienta per tradizione le proprie ricerche alla collaborazione con Paesi svantaggiati, da un punto di vista sia economico sia sociale. Coraggiosa e volontaria la loro scelta di uscire dalle righe del bando per proporre un'architettura vera e votata a promuovere coscienza sociale verso zone del mondo diseredate. Una presa di posizione, quindi, contro l'architettura autoreferenziale, ideale, da esporre, da guardare ma non da vivere. Con il premio del concorso il gruppo sta realizzando un centro di ricerca in Afghanistan, a conferma di una ideologia mirata a pensare lo spazio in funzione di necessità reali...'.

 

14 gennaio 2005

L'intricacy pittoresca della John Deere Joinery è un esercizio irripetibile, un labirinto di interstizi sospesi. Qui Eero Saarinen -scrive Pietro Valle in ARCH'IT files- usa la tecnologia della leggerezza creando una foresta segnica che accumula strati invece di eliminarli. 'Saarinen intuisce che la tecnologia, nel suo essere nomade all'interno della logica di mercato, non si fissa in configurazioni permanenti e può essere tradotta in diversi contesti operativi. Questo transfer da una natura all'altra permette di riprodurre una forma di relazione tra materiali e componenti con altri elementi. La nuova configurazione è diversa ma, parallelamente, allude a una forma di relazione già nota che può avere valore di memoria culturale. La tecnologia diviene segno alienato che richiama ma, allo stesso tempo, non può mai essere stabilizzata, travolta com'è dalla propria natura transiente. Questa identità mobile della tecnologia è per Saarinen l'unica strada possibile: presenti nell'opera dell'architetto vi sono contemporaneamente l'esercizio riparatorio di richiamare quello che è irrimediabilmente perso e il sadismo di rimuovere continuamente ogni certezza. Questo doppio movimento produce un effetto allucinatorio che Saarinen cerca di dominare giocando con gusci di cemento, reticoli, curtain walls, schermi e alternanze materiali tra il pesante e il leggero senza trovare un punto di equilibrio. In lui c'è una componente tragica: è la consapevolezza di essere un equilibrista sul filo del rasoio che non sa fino a che punto può tirare la corda....'.

 

9 gennaio 2005

Il nuovo negozio TOD'S ad Omotesando è progettato da Toyo Ito come un segmento di un infinito DNA. La sua struttura è quella dell'albero di Zelkova. Non l'albero reale, ma la sua immagine sintetica, ripetuta e sovrapposta innumerevoli volte fino a confonderne completamente i contenuti gerarchici. 'Ito -scrive Anna Cornaro nel presentare in ARCH'IT architetture il progetto recentemente inaugurato a Tokyo- sembra trovare una volta di più un rapporto speciale con il luogo, nato da una silenziosa contemplazione dello spazio urbano. Passeggiando sul marciapiede apposto, l'albero reale e quello virtuale cambiano continuamente la prospettiva reciproca, ma solo per pochi fugaci istanti si realizza una delle "relazioni temporanee e tese" di cui l'architetto è alla continua ricerca: l'uno appare l'esatta ombra dell'altro, si confondono sempre più i margini del reale e del virtuale, del naturale e dell'artificiale, viene conferita all'architettura, come alla natura, un'immagine evanescente ed effimera...'.

 

8 gennaio 2005

Nei quattro anni di incarico alla Triennale di Milano, Luca Molinari ha lavorato per ricostruire un contatto diretto con la realtà nazionale, ricercando le più giovani generazioni, dando loro spazio per l'espressione e per il confronto. 'Non mostre di sistema -annota Luca Molinari in Triennale di Milano. Bilancio di un'esperienza, pubblicato in ARCH'IT esposizioni-, assertive di verità e conoscenze di cui si sente poco il bisogno ma eventi per pensare e sentirsi coinvolti attivamente e nell'allestimento e con una serie di eventi pubblici che ogni volta hanno animato nel tempo tutte le mostre. Alcuni valenti esponenti dell'accademia mi hanno accusato provocatoriamente in questi anni di non aver mai fatto mostre di architettura, ma in realtà queste esposizioni cercavano di porre con forza la necessità di una riflessione aperta e problematica sul significato e l'identità della cultura architettonica e della progettazione a fronte del mondo attuale e dei cambiamenti radicali a cui è sottoposto. La mostra è concepita come atto politico (ovvero di scelte consapevoli) e insieme emozionale, come luogo di esperienza e insieme di coinvolgimento delle energie giovani e attive espresse dalla nostra cultura di ricerca. Non mostre per consacrare ma per porre interrogativi e offrire spazio a chi abitualmente non ne trova se non nei circuiti laterali, undergrounder...'.

 

6 gennaio 2005

Parigi è sempre stata una delle poche città in cui non si è mai avuta la paura di nuove e ambiziose architetture. Basti citare il Centre Pompidou e le opere commissionate da Mitterand. Un mese dopo la scelta del progetto di David Mangin per Les Halles, il noto critico del New York Times Nicolai Ouroussoff attacca senza mezzi termini questa scelta (A Rich Menu to Choose From for the 'Belly of Paris'). 'The recent selection of David Mangin's plan for a major renovation of Les Halles, the fabled site of the city's former central market, shows how quickly such ambitions can evaporate.' Il progetto di Mangin ha vinto il primo premio (vedi ARCH'IT files), lasciandosi alle spalle quelli di Jean Nouvel, Koolhaas e MVRDV. 'But given the importance of the site, the choice of design is the kind of missed opportunity that the city could regret for decades - even if it is never built. In a particularly odd show of spinelessness, the mayor of Paris, Bertrand Delanoë, has decreed that Mr. Mangin's scheme will only be used as a master plan for the overall development, putting him in the same role as Daniel Libeskind at ground zero: a toothless architectural figurehead.' (Samuele Martelli)

 

5 gennaio 2005

La stagione d'oro è terminata per la stessa moda che ha eletto l'Olanda a protagonista. In ARCH'IT books review Vittorio Sanna legge Dutch touch. Sulla seconda modernità in Olanda, di Michele Costanzo e Hans Ibelings, recentemente pubblicato da Kappa. 'Il decennio è fatto iniziare nell'89 con la caduta del muro di Berlino e finire con l'attentato dell'11 settembre. In questo periodo, osserva Michele Costanzo, si registra un epocale passaggio per la scena edile olandese: l'accantonamento della figura dello stato-imprenditore a favore dell'iniziativa privata, quest'ultima ritenuta la sola a poter far fronte allo sviluppo del mondo globalizzato. L'operatore pubblico assume così il ruolo di coordinatore ed intermediatore tra tutela e governo della cosa pubblica e logica del profitto privato. Se l'Olanda era stata sempre l'esempio dell'efficienza dell'intervento pubblico, amministrativo ed operativo, per un secolo, ora sembra non riuscire a contenere l'entusiasmo di una new economy dai tempi accelerati...'.

 

4 gennaio 2005

Istanbul ha un patrimonio artistico difficilmente riscontrabile in altre città, costituito da edifici e siti religiosi che vanno dal periodo classico fino all'Ottocento. L'arte moderna invece è sempre stata relegata alle gallerie private minori. 'Now Istanbul has its first modern art museum, a cleanly renovated 86,000-square-foot former government customs warehouse on the gray-blue waters of the Sea of Marmara.' Questo il commento di Susan Sachs sulle pagine del New York Times (In Istanbul, Creating a Space for Modern Art). Il 12 dicembre scorso, infatti, è stato inaugurato il primo Museo di Arte Contemporanea, curato dalla spagnola Rosa Martinez, che nel 2005 curerà anche la Biennale di Venezia. Tutto questo grazie all'interesse esclusivo di privati che, supportati da donazioni di alcuni istituti di credito, sono riusciti a mettere assieme una collezione interessante che attira già una media di 4.500 visitatori al giorno. Questa iniziativa culturale arriva dopo la prima Biennale di Architettura che la città aveva ospitato nello scorso ottobre. (Samuele Martelli)

 

4 gennaio 2005

'Il luogo è carico di tracce sfuocate di un passato rurale singolare; l'opportunità di progettare questo sito permette di congelarne le tracce, di reinterpretarle e dare nuovi significati e funzioni coerenti con il modo di vivere attuale. Prima delle trasformazioni avvenute a partire dagli anni Settanta l'area di progetto era occupata da prati e masarons, ovvero cumuli di sassi raccolti lungo i confini dei campi; bordi di proprietà che con gli anni si ricoprivano di vegetazione spontanea...'. La memoria e la reinterpretazione del masaròn diventano l'asse primario dell'intervento. Intorno e sopra differenti densità di utilizzo, di flusso, di costruito, di vita. La piazza mercatale diventa sottobosco per la celebre "Festa dei funghi" (tra i cui visitatori spiccano i Kiss). In ARCH'IT architetture il progetto per la piazza mercatale di Budoia (Pordenone) realizzato da ELASTICO in seguito al concorso indetto nel 2001.

 

4 gennaio 2005

'A Lille-Moulins, la sede della mostra New Trends of architecture in Europe and Asia-Pacific 2004-2005, era una vecchia brasserie. Ora è una delle dodici Maisons folie, edifici dismessi recuperati da architetti o artisti in occasione di Lille Capitale europea della Cultura, per spingere il cuore delle iniziative al centro di quartieri periferici, altrimenti poco coinvolgibili: una strategia culturale e urbana rilevante, se si pensa che a fronte di un piccolo centro storico (sede "naturale" degli eventi di Lille 2004), la conurbazione di Lille conta oltre un milione di abitanti. A pochi minuti da Lille-Moulins, un'altra maison folie (l'ex-filanda di Wazemmes, trasformata dagli olandesi di NOX in "casa degli artisti") è invece il primo punto di raccolta per gli architetti di New Trends: un simbolico rendez-vous, che chiarisce il carattere di fondo di una mostra che, nata come incontro tra Europa e Giappone nel 2000, anche in questa edizione ambisce a creare anzitutto un'occasione di incontro tra i venti architetti invitati...'. Michele Bonino ha seguito l'appuntamento con New Trends a Lille nello scorso autunno. L'iniziativa 'si conferma per gli studi italiani –annota Bonino in ARCH'IT sopralluoghi- una situazione favorevole, peraltro rara e preziosa, per portare sul piano del confronto internazionale non solo la qualità degli esiti, ma anche i caratteri molteplici di una dimensione professionale complessa, potenzialmente ricca.'

 

4 gennaio 2005

Il progetto New Trends of Architecture in Europe and Asia-Pacific, presentato dalla coordinatrice Rei Maeda in ARCH'IT files, evidenzia la pratica dello scambio, su differenti livelli. Gli architetti non sono solo invitati a mostrare i loro lavori, ma anche a partecipare agli eventi che vengono di volta in volta organizzati. 'I recall –scrive Rei Maeda- an impressive scene of the symposium which took place in Tokyo in 2001. To conclude the symposium, Mr. Fumihiko Maki showed one slide after summarizing and analyzing the discussions held during the day. It was a monochrome picture showing a scene of Team Ten's workshop, where a group of young architects were discussing in a casual manner while their wives were knitting behind them. Mr. Maki as a youth and his wife also appeared in the picture. I was a little embarrassed and very much moved by his act rather than by the picture itself. Against the slide image, he said that it was very important for his life to meet the architects of the same generation. He also mentioned that the relationship and the network made through Team Ten's activity had supported his career and himself. His words sounded an encouragement for the younger generations, and then I recognized the goal of our "New Trends" project...'.

 

2 gennaio 2005

Presentato alla 61. mostra internazionale d'arte cinematografica della Biennale di Venezia, nella sezione Giornate degli autori, 'Tartarughe sul dorso', scritto (insieme a Marina Fabbri e Carmelo Marabello) e diretto da Stefano Pasetto, è l'esordio dell'autore nella regia di un lungometraggio. Il film, di cui sono protagonisti Barbora Bobulova e Fabrizio Rongione, è ambientato nella città di Trieste. L'opera offre lo spunto per il dialogo, Paesaggi emotivi, tra Alessandro d'Onofrio e Stefano Pasetto pubblicato in ARCH'IT movies, lungo il quale si articolano alcuni temi di confronto tra la ricerca di un giovane architetto e quella di un giovane autore di cinema. 'Una delle prime immagini che ho avuto del film -afferma Stefano Pasetto- è stata quella di una città di mare, ma assolutamente non mediterranea, livida e lucida. Una serie d'immagini si sono associate in seguito, immagini legate al vento gelido che sferza porti e capelli, ai colori intensi e vividi della pelle arrossata dal freddo, alle scogliere aggredite dal mare. Così ci siamo ritrovati a Trieste. La città doveva venir fuori anche, e soprattutto, dai luoghi non comuni, come le case operaie della zona della ferriera o dai palazzi che si arrampicano verso il carso. La scenografia doveva aiutarci ad estrarre un anima liquida dagli ambienti, come se i mobili trasudassero dei colori umidi...'.

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